sabato 28 agosto 2021

"La Fine di un mistero" un gioiellino di film

 

Garcia Lorca ucciso perché "socialista, massone e gay"

E' quello che si legge in un documento della polizia franchista di Granada, redatto il 9 luglio 1965, 29 anni dopo la fucilazione del poeta e drammaturgo da parte delle truppe falangiste all'inizio della guerra civile spagnola

Il grande poeta e drammaturgo spagnolo Federico García Lorca (1898-1936) fu ucciso perché era "socialista, massone appartenente alla loggia Alhambra" e "praticava l'omosessualità e altre aberrazioni". L'autore di 'Romancero Gitano', il cui corpo non è stato mai ritrovato in una fossa comune di Alfacar, fu assassinato, insieme ad un'altra persona, dopo "aver confessato".

E' quello che si legge in un documento della polizia franchista di Granada, redatto il 9 luglio 1965, 29 anni dopo la fucilazione di García Lorca da parte delle truppe falangiste all'inizio della guerra civile spagnola. Il documento inedito con la versione franchista della morte del poeta, come riferisce la stampa spagnola, è stato ritrovato dall'emittente radiofonica Ser e dal sito Eldiario.es.

Il documento fu compilato dalla terza brigata regionale di investigazione della polizia di Granada, città dove trascorse l'adolescenza e dove tornò subito dopo lo scoppio della guerra civile. García Lorca fu fucilato da militanti franchisti all'alba del 19 agosto 1936 e gettato in una tomba senza nome a Fuentegrande de Alfacar nei dintorni di Víznar, vicino Granada.

Si tratta di un documento di notevole importanza storica, sottolinea la stampa spagnola, perché di fatto presuppone il riconoscimento, per la prima volta, da parte della dittatura del generale Francisco Franco dell'assassinio dell'autore di 'Poeta a New York'.

Il documento fu preparato dalla polizia nel 1965 per rispondere alla petizione della giornalista francese Marcelle Auclair, che aveva inoltrato presso l'ambasciata spagnola a Parigi. La petizione fu trasmessa al ministro degli Esteri dell'epoca, Fernando María Castiella, il quale sollecitò il collega ministro dell'Interno di avviare una ricerca negli archivi per cercare documenti sulla morte del poeta.


Ora ditemi voi se in un Paese civile si può essere privato della propria libertà personale, tradotto in questura e fucilato "perché omosessuale, socialista e massone".

La Spagna di appena 85 anni fa agiva allo stesso modo dei Talebani afghani oggi.

Il film che da il titolo a questo post è un gioiello che ho visto per caso su una rete TV privata che si chiama Canale 21
Ho iniziato a vederlo che era già cominciato ed essendo un film spagnolo, che mi ha catturato subito come spesso mi accade per i film europei, non ho pensato subito che sotto i panni del vecchio Galapago, in questa versione italiana tradotto "Tartaruga" (era molto meglio Galapago), ci fosse chi ho riconosciuto nonostante il trucco lanoso di barba e capelli incolti: Nino Manfredi. Mi sembrava, ma il film era spagnolo... Dunque.. Invece quando il lanoso trucco è stato tosato è venuto fuori proprio Nino Manfredi. Ho letto poi che è stata la sua ultima interpretazione: spettacolosa interpretazione. Ho letto anche che è stato doppiato, non so in quale versione giacché in questa che ho visto oggi la sua inconfondibile voce c'è, solo che il personaggio non parla per buona parte del film, per questo non l'ho riconosciuto subito coperto di pelume abbondante. Però la sua bocca e le poche parti che si vedevano del suo volto di fatto mi hanno subito condotto a lui, sia pure con qualche perplessità per i motivi che ho detto.

Una storia poetica, bravo ed espressivo l'attore spagnolo che interpreta Joaquin: l'uomo che appena 17enne raccoglie un giovane ferito vicino ai luoghi dove nel 1936 i fascisti di Franco uccisero crudelmente ed insensatamente il Poeta. Lo nasconde e lo cura, cerca un medico per lui ma due fascisti gli dicono che era un comunista ed è stato ucciso. Lo richiamano al fronte, deve partire per il nord, allora lascia il giovane ferito e immemore sulla porta di un convento di suore, l'unico possibile rifugio e cura per lui. La sua anima buona e umanissima sente di averlo abbandonato, invece che salvato, e dopo tanti anni torna a Granada e lo cerca. Alcuni segnali fanno pensare che egli sia Federico Garcia Lorca, miracolosamente scampato alla fucilazione, traumatizzato per sempre.

Un gioiello di film, con recitazione perfetta e sensibile, ottima regia, e musica che non sovrasta ma accompagna le emozioni che suscita la storia.  Scopro poi che è di Ennio Morricone...


 







Alfredo Landa come appare nel film in cui interpreta Joaquin

Alfredo Landa più giovane: un volto che abbiamo visto in tanti film


venerdì 20 agosto 2021

AFGHANISTAN

 


L'Afghanistan ha avuto anche governanti illuminati.
La sua Storia ha pagine buone, di speranza per il popolo.

Le riforme di Amānullāh Khān e la guerra civile

Re Amānullāh Khān, durante il tour europeo, qui con Mustafa Kemal Atatürk in Turchia (1928).

Con l'ascesa del re Amānullāh Khān nel 1919 il Paese riprese il controllo della propria politica estera, uscendo dalla zona di influenza del Regno Unito.

Il Re operò per mettere fine al tradizionale isolamento del Paese negli anni successivi alla terza guerra anglo-afghana: stabilì rapporti diplomatici con i Paesi più importanti, e, a seguito di un viaggio in Europa e Turchia (durante il quale osservò l'operato di Atatürk), introdusse diverse riforme intese alla modernizzazione. Fu costretto ad abdicare nel gennaio 1929 dopo che una insurrezione armata guidata da Habibullah Kalakānī prese Kabul.


Purtroppo l'oscurantismo ebbe la meglio con la forza delle armi nel 1929.

Ed è stato un susseguirsi di uccisioni di chi comandava per poi sostituirsi alla figura di turno al comando, senza la luce che si era accesa con il Re Amānullāh Khān.

La Storia più recente aveva ridato ossigeno al popolo:

Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (PDPA), d'ispirazione marxista-leninista, rovesciò il Governo di Mohammed Daud Khan il 27 aprile 1978 con un colpo di Stato (la cosiddetta Rivoluzione di Saur) e diede vita alla Repubblica Democratica dell'Afghanistan governata dal leader del partito, Nur Mohammad Taraki. Nei mesi successivi al colpo di Stato, il governo avviò una serie di riforme: fece distribuire le terre a 20.000 contadini, abrogò l'ushur (ovvero la decima dovuta ai latifondisti dai braccianti) e bandì l'usura, regolò i prezzi dei beni primari, statalizzò i servizi sociali garantendoli a tutti, diede il riconoscimento al diritto di voto alle donne, legalizzò i sindacati, vietò i matrimoni forzati e lo scambio di bambine a scopo economico, sostituì leggi tradizionali e religiose con altre laiche, mise al bando i tribunali tribali e rese pubblica a tutti l'istruzione, anche alle bambine che in precedenza non potevano andare a scuola. Queste riforme si scontrarono fortemente con le autorità religiose locali e tribali che si opposero alle politiche di Taraki.


Nel mese di settembre 1979 Taraki venne assassinato, su ordine del suo Vice Primo Ministro Hafizullah Amin, il quale lo sostituì alla guida del Paese. L'URSS non si fidò di Amin, sospettato di legami con la CIA, e decise di invadere il Paese, anche a seguito di un aumento delle rivolte e del conseguente rischio di destabilizzazione della zona. L'Armata rossa entrò a Kabul il 27 dicembre 1979 e mise al potere Babrak Karmal. La guerra con i Mujaheddin, finanziati anche dagli Stati Uniti, fu lunga e cruenta e terminò con l'abbandono del Paese da parte dei Sovietici nel febbraio 1989.


Lo Stato islamico dell'Afghanistan fu proclamato il 17 aprile 1992. Il fronte dei Mujaheddin si dimostrò comunque molto frammentato e disunito e ciò consentì, dal 1996 al 2001, la presa del potere da parte della fazione dei talebani, salvo che in alcuni territori settentrionali controllati dall'Alleanza del Nord dei restanti mujahidin anti-talebani, guidati dal comandante Ahmad Shah Massoud. I Talebani proclamarono l'Emirato islamico dell'Afghanistan e applicarono al Paese una versione estrema della shari'a e ogni deviazione dalla loro legge venne punita con estrema ferocia.



Se, pur per brevi periodi, l'Afghanistan ha potuto avere suoi governanti illuminati, senza presenze straniere, l'unica cosa che i confusi governi europei e gli USA potrebbero fare, e fino ad ora NON HANNO SAPUTO FARE, è aiutare i leader illuminati del nord del Paese, unici che potrebbero prendere in mano il destino dell'Afghanistan liberandolo dall'infausta influenza dell'oscurantismo religioso, che, si ricordi, abbiamo vissuto anche noi sotto la Chiesa di Roma: si ricordi l'Inquisizione con le orrende torture, le accuse folli, le donne bruciate per stregoneria e l'oppressione, il condizionamento e la paura in cui il popolo visse sia in Italia che in Spagna.

 Ashrad Massoud, figlio del comandante dell'Alleanza del Nord ucciso alla vigilia degli attacchi dell'11 settembre, afferma che "l'America può ancora essere un grande fautore della democrazia" sostenendo le sue milizie
19 agosto 2021

AGI - La conferma di Mosca ratifica a livello mondiale la resistenza del Panshir: per la seconda volta, la regione a Nord Est di Kabul e' la sola a non essere caduta sotto il giogo dei talebani, e su essa si concentrano le speranze di chi auspica che la situazione non sia già definitivamente consolidata.

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha sottolineato oggi che "I talebani non controllano tutto l'Afghanistan. Ci sono informazioni dal Panshir dove sono concentrate le forze di resistenza del vicepresidente Saleh e di Ahmad Massoud", ha detto Lavrov, tornando a caldeggiare "un dialogo nazionale che permetta la formazione di un governo rappresentativo".

L'Afghanistan evidenziato in rosso

Massoud eroe della Resistenza afghana contro i Talebani
Fu ucciso nel 2001
Oggi c'è suo figlio.

Che l'Europa e gli USA, insieme alla Russia, anch'essa sfavorevole ai Talebani, aiutino queste forze a liberare il Paese da questi oscurantisti che interpretano in modo distorto il Corano






lunedì 16 agosto 2021

MADRE Cap. X

Capitolo X

Suo padre l'amava totalmente, per lui lei era la sua ragione di vita; ritenendo sua moglie non all'altezza responsabilizzava al massimo la bambina. Quando portava a casa lo stipendio, rigorosamente in contanti non avendo mai aperto un conto corrente in banca, la chiamava e le mostrava dove  lo riponeva contando il denaro davanti a lei.
Lei lo contraccambiava di uguale amore ma la totale mancanza di comprensione verso sua madre, l'evidente disistima verso di lei, il non apprezzare le sue qualità approfittando della sua arrendevole passività, creavano nella bambina una sperequazione emotiva.

Ospitava i suoi parenti nella loro casa romana e sua moglie, colei a cui lui rinfacciava i suoi disturbi del comportamento, il suo chiudersi, il suo parlare da sola, cucinava per tutti e non vi era nulla che non facesse come qualsiasi persona ritenuta normale, anzi, in molte cose anche meglio.

Suo padre non aveva avuto una vita facile ma avrebbe potuto reagire in modo diverso alla manifestazione di fragilità di sua moglie. Non era la violenza la medicina.
Medicine Serena non ne aveva mai prese.
Dopo quella visita che Rita bambina molto piccola ricordava non ve ne erano state altre, né cure di alcun tipo.
Eppure sua madre la stupiva per la sua rassegnata dolcezza nel rivelarle cose gravi senza acrimonia verso suo padre, ma come triste resoconto di un fatto che doveva per forza averla annichilita nel suo amore e nelle sue speranze con suo padre:
"Pensavo che il matrimonio fosse anche fare commenti sui fatti e sulle persone parlando fra di noi, fare le cronache... Un giorno accennai sorridendo alle chiacchiere su zia Giustina, così bella e lo zio Josafat così brutto, aveva le gambe storte... Dicevano di uno che la filasse e lei sembrava starci.. Dicevano.. voci di paese. Mi colpì con pugni e calci per questo. Ero incinta di te..."
Rita rimase basita.
Avrebbe potuto non nascere affatto per un commento innocente di sua madre su una chiacchiera che girava su una zia acquisita di suo padre, moglie di un fratello di suo nonno paterno..
Zii che a lui, suo padre, non lo avevano mai filato...
Questo tassello della debolezza caratteriale di suo padre era il più grave in assoluto. E lei, la sua remissiva genitrice, non glielo aveva mai detto... E con quanta spenta animosità glielo aveva svelato, giacché la violenza cieca, vile ed ingiusta del suo sposo doveva aver annichilito in lei ogni aspettativa di amore, di dolcezza, di considerazione per ciò che lei era. 
Eppure per anni la piccola Rita aveva straveduto per il padre: perché immersa nella più totale inesperienza di vita, pur registrando quelli che in seguito le furono chiari come gravi errori di suo padre, la sua scelta andava verso il più forte, colui che imponeva la sua volontà in famiglia, mentre sua madre era la perdente.
Eppure, le sovvenne in seguito, suo padre non era mai venuto neppure una volta a parlare con i suoi insegnanti: era sempre sua madre a compiere questa incombenza necessaria per seguire l'andamento degli studi della loro figlia.
Fin dalla scuola elementare con umile dolcezza ella era andata a sentire prima le maestre, poi i professori ...
Dunque in cosa si concretizzava la malattia mentale di sua madre?
Forse in quella passività, quel piegarsi in tutto alla volontà di suo padre?
Le manifestazioni più evidenti erano quel suo assentarsi a volte nel parlare da sola, oppure nell'aprire le finestre per rispondere alle voci che la calunniavano, ma che sentiva soltanto lei.
Allora la piccola Rita sentiva salire in sé un disagio che le creava tensione ed interveniva come poteva: chiudeva la finestra richiamandola alla realtà bruscamente e, stranamente, lei smetteva di parlare da sola tornando del tutto normale, a volte però difendendo quella sua fissazione delle calunnie che le "mormorazioni" dicevano su di lei.
Allora la bambina cercava di riportarla alla realtà con la sua lucida ragione: "Mamma, tu credi di essere così importante che tutto il mondo parla di te?"
Allora Serena faceva un sorriso quasi a scusarsi ridendo di sé...
Ma erano momenti e quel tormento che aveva nella testa non l'abbandonava per sempre.
Suo padre, dopo quella lontana visita dei primi anni di vita della bambina, non si era più curato di tentare una qualsivoglia cura per sua moglie. Serena non aveva mai usufruito di una visita specialistica. Suo padre viveva con rabbiosa rassegnazione i disturbi di sua moglie a cui reagiva con urla e violenza chiamandola "matta" quando litigavano.
Ma la silenziosa, dolce, rassegnata Serena a volte riacquistava una normalità nella cattiveria reagendo e chiamandolo "tubercoloso".
La loro bambina non capiva il perché e una volta ne chiese la ragione a sua madre e lei le disse che in guerra era stato ferito al polmone e a seguito di ciò aveva avuto un ascesso polmonare e un'infezione di Tbc che gli avevano curato all'Ospedale Militare.