Dietro il sipario
"Non fumare quella roba Renato..." La preghiera di Francesca era maternamente dissuasiva. Lui le sorrise e, in silenzio, infilò il grano di hascisc nella sigaretta. Erano nel piazzale antistante l'università, di fatto un parcheggio. La madre di Francesca non capì. Parlarono un altro pò. Renato propose alla genitrice della sua compagna di studi un gioco nuovissimo: "Dangeons and Dragons".
"Di cosa si tratta? - Chiese la madre di Francesca.
"Un gioco di ruolo: ognuno assume un ruolo...Può durare anche giorni..."
La donna sorrise alla proposta che le sembrò un poco bizzarra, anche se Renato le piaceva, era un ragazzo dolce e fine, un'amicizia di sua figlia che lei approvava.
Si salutarono e Francesca promise a Renato che sarebbe andata a casa sua in settimana per studiare insieme.
In auto, mentre tornavano a casa dall'università dove la madre lavorava e Francesca studiava a Lettere e Filosofia, chiacchieravano: "Ma cosa ha messo nella sigaretta, quando tu gli hai detto....".
Francesca non la fece finire: "Un grano di hascisc." Rispose con un lieve imbarazzo. "Lo fuma abitualmente."
La madre si stupì: "E' strano. Non è il solito sinistrorzo che fuma gli spinelli quasi per ideologia, non va in giro con i jeans sdruciti e la "kefia", non capisco. Mi hai detto che il padre è Nicola Padre, il direttore del quotidiano "Notizie del mattino", viene da una buona famiglia dunque."
"Va bè, mamma, ma che vuol dire..."
"Vuol dire, vuol dire eccome! Se una famiglia insegna ai figli ad avere dei valori non si capisce perché un ragazzo dolce, tranquillo, che veste con giacca e cravatta, debba sentire il bisogno di fumare droga, definita leggera!" Terminò polemicamente.
"Certo io lo ritengo sbagliato, infatti glielo dico come hai visto, ma lui lo fa comunque...."
"Ma la madre gli è vicino? Il padre capisco che può essere molto occupato, anche perché il suo giornale non sta a Roma."
"La madre lavora per Francesco Sassu."
"Caspita! E' vicina al potere!"
"Si“, è una sua stretta collaboratrice. Un giorno che ero a casa loro lei ci parlava al telefono chiamandolo semplicemente Francesco."
"Beati loro!" Commentò la madre con un sospiro.
Francesca andava a casa di Renato anche con altri compagni di studio. A volte si fermava a cena. Nei fine settimana il padre era sempre a casa, lasciava il giornale nelle mani del vicedirettore. Francesca era colpita dalla sua semplicità di modi: non disdegnava di lavare qualche stoviglia lasciata nell'acquaio. La sorellina minore del suo compagno di università era sordomuta e questo creava un forte legame protettivo fra i genitori. Naturalmente erano state fatte e si continuavano a fare tutte le cure riabilitative possibili per la piccola ed erano stati acquistati tutti i mezzi che la tecnologia metteva a disposizione per la sua infermità.
"Ho notato che la madre, soprattutto, controlla le amicizie di Renato." Confidò Francesca a sua madre.
"Se le controlla allora dovrà essere contenta se frequenta una ragazza come te, pulita e studiosa, che non usa droghe e cerca anche di dissuaderlo dall'usarle." Disse con una punta di acredine sua madre.
"Magari non lo sa che suo figlio fuma l'hascisc." Disse la giovane con un sorriso conciliante.
"Se lavora per quell'importante uomo politico non avrà molto tempo da dedicare a suo figlio, è possibile che non se ne accorga." Convenne la madre.
"Ma penso che lavori anche stando a casa, - rifletté la ragazza - perché abitano nello stesso palazzo dove lui ha il suo studio privato."
Sorpresa la donna guardò sua figlia: "Hanno preso la casa apposta lì perché lei possa lavorare per l'On. Sassu?"
"Non lo so... Forse ce l'avevano da prima."
"Strano che un uomo così importante si scelga una collaboratrice che abita nel suo stesso palazzo."
"Allora l'avrà presa lì per stare vicino a lui e non allontanarsi troppo dai figli..." Concluse con indifferenza Francesca.
"Certo è un ménage un pò sacrificato quello dei genitori di Renato. Per lavoro vivono in due città diverse." Chiuse il discorso sua madre.
L'anno accademico si concluse e per l'anno successivo Renato si trasferì di università, scegliendone una nella città dove era il giornale diretto da suo padre. Non vi era un motivo intuibile dato che tutta la famiglia, a parte suo padre, viveva a Roma e la città dove si trasferiva non aveva università più prestigiose.
Passò un altro anno. Finì sui giornali ed anche sui telegiornali un duro scontro tra l'On. Sassu ed il direttore delle "Notizie del mattino". L'argomento era una divergenza sull'agire politico di Sassu su una questione marginale che il direttore di quel quotidiano aveva aspramente criticato. Sassu aveva reagito altrettanto aspramente attaccando il giornalista. Tutto era apparso a molti esagerato e sopra le righe, anche perché Sassu era dello stesso schieramento politico a cui si ispirava il giornale.
In casa dell'ex-compagna di studi di Renato Padre si commentò: "Ma come farà la mamma di Renato che lavora per On. Sassu se suo marito ci litiga pubblicamente? Si dovrà licenziare!" Disse la madre di Francesca.
"Bè certo il marito non le facilita il lavoro così." Commentò la figlia.
"Poi non è che c'è distacco, tu mi hai detto che gli dava del "tu" e lo chiamava semplicemente per nome... Non deve essere facile per lei questo momento..."
E non lo era, infatti. Renato aveva i capelli biondo rossastri come quelli di sua madre che, come aveva riferito la sua ex-compagna di studi alla sua, era molto graziosa. Aveva il viso dai tratti delicati come quelli di suo figlio. A Sassu, un uomo dai tratti forti, maschi, quel viso era piaciuto subito. Le donne gli erano sempre piaciute molto e per questo sua moglie era precipitata in una depressione da cui non si era più ripresa. Non lo accompagnava mai nelle cerimonie ufficiali e viveva appartata e quando la si vedeva in giro colpiva per la trasandatezza della sua persona. Nonostante ciò l'uomo continuava a vivere la sua ascesa politica fino alle più alte cariche, spesso coinvolto anche in vicende oscure, da cui però usciva sempre pulito. La madre di Renato lo aveva amato fino al punto di parlarne a suo marito. Di comune accordo, avendo come buona scusa il lavoro in due città differenti, avevano mantenuto un ménage familiare per i figli, considerando anche l'handicap della più piccola.
Renato, però, crescendo aveva capito tutto e non vi è nulla di più angosciante che vivere in mezzo a situazioni false. Si era allontanato da sua madre, che rifiutava per il suo rapporto adulterino con Sassu, ed aveva chiesto di andare a vivere con il padre. Nicola Padre aveva una grande e bella abitazione nella città dove era il quotidiano che dirigeva, e fu felice della scelta di suo figlio. Quella città era anche la sua città, quella dove era nato e cresciuto. Per lui non era stato facile adattarsi alla scelta di sua moglie ma, per il bene dei suoi figli, in particolare per la piccola così sfortunata, si era adattato a raggiungerli tutti i fine settimana. Ora non si poteva più fingere con Renato; l'aveva capito da solo e questo non era bene. Si sentiva in colpa. Avrebbe dovuto parlargli prima che capisse. Così, parlargli ora, sembrava un rimedio.
Nella sua vita solitaria si era affacciata una giovane praticante del suo giornale. Aveva il viso dai lineamenti infantili e gli stessi colori di sua moglie. Non era fine come lei, anzi, era una ragazza quasi ordinaria, anche se veniva dalla media borghesia. Aveva modi spicci ed era molto determinata. Gli sorrideva molto e lo guardava con palese interesse. Certo lui era il direttore e lei una giovane che sperava di lavorare nel giornale... La diffidenza dettata dall'esperienza cedette al bisogno di credere ad un affetto sincero. Un ente esterno, finanziatore del suo giornale, bandì una borsa di studio per praticanti di giornalismo. Lei lo pregò di aiutarla. Lui l'aiutò.
Renato mal accettava l'intrusione di quella giovane nella vita del padre, anche se, razionalmente, si diceva che non poteva stare da solo.
In una delle sue visite a Roma Nicola condusse con sé la giovane borsista e la presentò a sua moglie. Lei capì immediatamente il rapporto che doveva esserci fra i due e ne fu contenta per lui. Alla piccola fu presentata come una collaboratrice del papà. La ragazza si comportava con semplicità e simpatia soprattutto con la bambina. La madre di Renato la invitò a cena e, durante la variegata conversazione, disse che al Senato avevano bandito un concorso per un addetto all'ufficio stampa e Francesco era il Presidente della commissione esaminatrice. Lei ci stava lavorando, doveva preparare le prove.
La giovane aspirante giornalista chiese se i termini di presentazione della domanda erano già scaduti e, avutane risposta negativa, disse con semplicità che avrebbe provato a concorrere, visto che la sua borsa finiva di lì a tre mesi e dopo non avrebbe avuto più una retribuzione. La moglie di Nicola la incoraggiò a farlo e le sembrò molto positivo che la ragazza cercasse altre strade e non solo quella comoda di restare al giornale sotto l'ala protettrice di suo marito, attendendo che, prima o poi, lui le facesse ottenere un'assunzione.
Nicola era, a sua volta, piacevolmente sorpreso dall'iniziativa della giovane. Se cercava altre strade non stava con lui per solo interesse dunque. Sentì una sottile euforia dentro di sé. In fondo in fondo, il timore di non essere amato per sé stesso c'era, anche se rimosso dalla coscienza perché faceva male.
La simpatia che la semplicità di modi della ragazza ispirava indusse la moglie ad aiutarla. Parlò con Francesco di questa giovane che era accanto a suo marito con un sorriso benevolo e complice: "Vedi se puoi fare qualcosa. In fondo Nicola è sempre stato così civile nei nostri rapporti. Ha capito che tu non potevi lasciare tua moglie per la tua carriera politica e che per noi era un dovere mantenere un focolare per i figli... Con questa ragazza lo vedo sereno. Poi vedo che si dà da fare per guadagnare, in fondo poteva rimanere sotto l'ala di Nicola, invece cerca altre strade..."
Quando la giovane si spostò a Roma per dare il concorso passò a salutare lei e la bambina che l'accolse festosa.
"Sai più o meno su cosa verterà la prova?" Chiese mentre giocava con la bambina. Ad un attento osservatore questa domanda, fatta casualmente, doveva apparire necessariamente premeditata e frutto di simulazione: la ragazza, infatti, non aveva forse appreso del concorso proprio da colei che ne parlava perché incaricata di preparare la prova? Ma l'altra non fu sfiorata da questa riflessione, anzi, le sembrò normale che la ragazza le chiedesse un aiuto, e l'aiutò.
Francesco non l'aveva mai vista e gli piacque subito, appena si sedette nella sedia davanti a lui. Era bionda come la sua amante, ma più giovane e grezza. Quest'ultimo aspetto della ragazza, lungi dall'essere un punto a suo sfavore rispetto all'altra, stimolava invece la sua libidine. Come tutti gli arrivisti ed arrampicatori sociali in genere, lei capì di piacergli al volo e decise istintivamente che quell'uomo importante era il suo gradino successivo nella scalata.
Nicola sentì un gelo per tutto il corpo nel sentire singhiozzare sua moglie al telefono: "Mi ha buttata via come una cosa usata...Con un cinismo mostruoso...." Avevano perso su tutta la linea e quella piccola, anche poco intelligente, donna li aveva raggirati tutti e due.
Tutti sapevano che era diventata l'amante di Francesco Sassu e lui l'aiutava spudoratamente a fare carriera dandole incarichi sempre più importanti e di prestigio.
All'inizio, vinto il concorso come addetto stampa al Senato, Nicola aveva visto diradarsi i loro incontri, ma l'aveva attribuito all'impegno lavorativo di lei, per di più in un'altra città. Lontano dalla Capitale non ne aveva raccolto i sussurri ed i pettegolezzi. Finché un giorno un suo inviato gli aveva detto con un sorriso malizioso delle chiacchiere che giravano sulla loro ex-praticante e Francesco Sassu.
Come della relazione di sua moglie nulla si era mai potuto dire ufficialmente, così anche di questa storia nulla si poteva dire, ma questa era vissuta più sfacciatamente dai due protagonisti. Li accomunava, infatti, un cinismo sfrontato che a lui era servito a condurre una vita nel compromesso totale, sia pubblico che privato, ed a lei ad emergere dalla massa indistinta pur non avendo particolari meriti professionali