Tre Amiche
La chiamò al telefono e lei capì dal leggero affanno e dal
rumore di fondo che stava passeggiando come al solito sulla battigia.
“Sei sopravvissuta
alla Pasqua?!” Le chiese con l’impeto che le era congeniale.
A Sara venne da ridere capendo a cosa si riferiva. Era da
quando aveva 15 anni che Annabella la faceva ridere con il suo inguaribile
umorismo.
“Si, - rispose
divertita – sono sopravvissuta.”
“Ma sono venuti tutti
da te?”
“Si, tutti.” Rispose
ridendo. Annabella si riferiva ai figli di cui le due amiche a volte parlavano
confidandosi i reciproci problemi e delusioni, fortunatamente non gravi, che
potevano ricevere da loro.
“E sei contenta di
aver faticato per loro per l’ennesima volta? Fare la spesa, portarla a casa,
cucinare, apparecchiare la tavola , pulire prima, ripulire dopo..?!”
Sara capiva tutto quello che c’era dietro quell’elenco che
la sua amica di una vita le illustrava. Sapeva bene quale era il succo e il
senso: non sempre tutto questo veniva riconosciuto da tutti i figli… Ma nonostante
qualche piccola delusione di cui era cosciente rispose: “Ma io li amo!”
“Hai sentito Micol!
- Gridò nel microfono Annabella. – Lei li
ama!”
E questa seconda parte della frase la gridò di gola, quasi a
rimarcare la sua meraviglia a quella prevedibile motivazione e, nel contempo,
Sara scoprì che, come accadeva spesso, la figlia l’accompagnava nella lunga
passeggiata sulla spiaggia.
“Io li odio!” Proferì
con rabbia e con violenza e Sara capì che l’amica era esasperata dal suono di
gola con cui lo disse.
Annabella continuò lo sfogo camminando sulla spiaggia e
coinvolgendo anche la figlia: “Odio
questa cretina per le scelte che ha fatto, la odio!”
Sara conosceva la sua amica e i suoi sfoghi su tutto ciò che
non le andava bene. D’altra parte anche lei aveva trovato ascolto e conforto a
parlarle di tutte le cose amare che nel corso della sua vita aveva dovuto
subire e sopportare. Conoscevano tutto l’una dell’altra. Ora, però, quella
rabbia contro Micol le sembrava esagerata. Non giustificabile. E Sara sentì che
non poteva fare come aveva sempre fatto, anche quando diceva cose sgradevoli
per lei, che colpivano per l’insita gratuita insinuante cattiveria. Voleva bene
alla sua amica nel suo insieme ma aveva parti del suo carattere, della sua
personalità, che inducevano a doverla perdonare per poter continuare ad avere
quel rapporto di amicizia.
Micol era sempre al suo fianco, l’accompagnava dappertutto,
nelle frequenti visite mediche ed esami a cui si sottoponeva da una vita per la
sua ipocondria, sopportava i suoi eccessi verbali contro tutti… Lei era la
prima a dire che “Micol era una santa”.. Dunque cosa era mai questa rabbia
improvvisa proprio contro di lei?
“Non dire queste cose
davanti a Micol, – provò a dirle – proprio
lei che è così buona, si occupa di tutto..”
La sua amica diceva infatti che ogni pratica amministrativa
che riguardava la famiglia era sulle spalle di Micol, Annabella non
interessandosi di nulla.
Quando Sara parlava di rogne o matasse da dipanare di cui si
occupava per la sua casa, sia amministrative sia legali, oltre ai pagamenti di
routine, Annabella le rispondeva che di quella materia lei non sapeva nulla: “Fa tutto Micol. Se ne occupa Micol.”
Proseguì nel suo sfogo spiegando con rabbia e frustrazione
veementi cosa secondo lei sua figlia non aveva fatto ed avrebbe dovuto fare: “Ha lasciato quello che era ricco, bello,
alto, con il padre importante per stare con quel nano, brutto e tirchio!”
Micol intervenne senza che Sara potesse sentirne la voce, se
non lontana e non percepibile nel contenuto, ma la sua amica la informava
continuando il suo sfogo parlando con entrambe: “Hai sentito cosa ha detto? No?! Dice che quello le faceva le corna! Ma
tutti prima o poi ti fanno le corna!” Proferì strillando più forte.
Sara pensava che Annabella si era intromessa sempre troppo nella
vita sentimentale dei suoi figli. E l’aveva consigliata tante volte di non
interferire, tutt’al più consigliare, come aveva fatto lei con i suoi figli con
molta cautela.
Ma Annabella era arrogante, pur essendo fragile emotivamente,
incapace per sua stessa ammissione di valutare le persone, incapace a svolgere
autonomamente una gran quantità di incombenze che la vita le metteva di fronte,
deputando ad altri tali necessità, ella sparava a zero su tutti tranciando
giudizi cattivi e negativi. Figli compresi.
Ma Sara non l’aveva mai sentita così. Nelle sue parole c’era
una rabbia frustrata violenta. Aggiunse che odiava anche i figli maschi
naturalmente, a maggior ragione perché non erano con lei così vicini come
Micol, così attenti a tutti i suoi malesseri e malanni veri o presunti.
Rinfacciava a Micol occasioni perdute: “Poteva andare in Giappone!” Ricordò con rabbia al cellulare l’occasione di
uno stage di alcuni mesi, forse un anno, nel campo professionale di sua figlia.
Ma Micol aveva avuto timore di vivere lontano dal nido
sicuro della famiglia, pur non essendo una famiglia serena dato lo scontro
perenne fra i suoi genitori…
Occasioni perdute che ora la madre rabbiosamente le
rinfacciava.
Sara non lo riteneva giusto, e provò a dirglielo, per il suo
bene, come aveva sempre fatto in oltre mezzo secolo di amicizia. Con buonsenso
e senza supponenza. Ma Annabella di botto le domandò: “Ma che tu hai telefonato a Brigitte?!” Il tono era stranamente indagatore e sospettoso.
Sorpresa dalla domanda, dal tono e dal fatto che nulla
c’entrava con il discorso rabbioso che stava facendo, Sara rispose comunque,
abituata alle stranezze della sua amica e sempre incline ad assecondarla: “Le telefonai quando ci furono quelle
manifestazioni dei “Gilets Jaunes”, per capire cosa ne pensava lei che è
francese. Ma te lo avevo raccontato…” Stava per aggiungere che era successo
almeno due anni prima anche se la domanda sembrava riferirsi ad un evento
recente, ma ignorando l’irrazionalità di una simile domanda aveva risposto
sull’unica volta che aveva chiamato l’unica nuora di Annabella, una donna dolce
e gentile che lei aveva incontrato più volte, sia nella villa della sua amica
che nella sua, quando Annabella era venuta a farle visita con tutta la sua
tribù.
“Tu hai fatto lo
stesso sbaglio di Arianna!” Interruppe ogni altra possibile parola di Sara
Annabella con tono secco e perentorio.
Sara non fece in tempo a chiederle “Ma cosa c’entro io con
Arianna” che quella disse che Micol le richiedeva indietro il cellulare, che
peraltro era il suo, di Micol, e ripeté che le serviva per una telefonata di
lavoro chiudendo di botto la telefonata.
Ora Sara di stranezze dalla sua amica ne aveva subite tante,
e non solo stranezze… Ma davvero le sembrò che avesse toccato l’acme.
Arianna era sua cognata, moglie del suo unico fratello.
Parlava malissimo anche di lei naturalmente e, in particolare, lamentava che
sua nuora Brigitte la ignorasse mentre aveva una grande confidenza con Arianna.
Annabella vedeva in ciò un tramare dietro le sue spalle in un comune sentimento
ostile nei suoi confronti. Ogni incontro o contatto che avveniva fra Brigitte e
Arianna lo vedeva come un complotto contro di lei.
Sara non poteva valutare quanto di ciò che Annabella le
raccontava fosse interpretabile come la sua amica lo percepiva, non essendo
dentro quei rapporti, ma che ora di botto e senza ragione alcuna le facesse una
domanda incongruente e, ricevuta risposta su un fatto avvenuto due anni prima e
di cui lei già era a conoscenza, la congedasse con un’affermazione perentoria
quanto insensata, era folle.
Ciò nonostante Sara capì che il malessere esistenziale che
aveva accompagnato la sua amica per tutta la vita e che negli anni si era
acuito sempre più andava compreso e se possibile aiutato. Dunque le mandò dei
messaggi Whatsapp su quel cellulare che divideva con la figlia, giacché lei,
per sua ammissione, non sapeva usare quel tipo di messaggistica pur avendo un
suo cellulare.
A questi messaggi Annabella rispose una sola volta con un
laconico “Sì”, quando Sara le chiese se stava meglio, dopo averle scritto che
le dispiaceva molto di averla sentita in quello stato e parlare così a Micol.
Dopo il silenzio. Totale. Anche quando Sara le inviò la foto
di uno dei suoi nipoti che aveva festeggiato i suoi 18 anni.
Non le fece gli auguri per il suo compleanno, né aveva
risposto neppure con un “Grazie” quando Sara glieli aveva fatti per il suo, che
veniva qualche mese prima di quello di Sara…
Tenendo conto dei 60 anni di amicizia Sara le scrisse una
e-mail sul suo indirizzo personale di posta dicendo che capiva che doveva
proprio stare male dentro di sé, che rispettava il suo silenzio e che,
comunque, se aveva bisogno lei era sempre disponibile per lei.
Ma passò un anno e Sara capì che quel silenzio era definitivo.
Pur non capendone il perché, Sara era tranquilla, giacché
motivi attribuibili al suo sentimento di amicizia e al suo comportamento sapeva
che non ce ne erano.
Ne parlò con la comune amica, anche questa amicizia risalente
ai tempi della scuola: Doride.
Doride aveva con Annabella lo stesso rapporto che aveva
Sara: ininterrotto dai 15 anni in poi, e intimo nelle confidenze e nel sostegno
psicologico nei momenti difficili di tutte e tre.
“E’ anche questo un
modo per punirsi.. Per farsi del male.. Peccato.. Una così bella amicizia!”
Concluse con tono mesto Doride. E Sara pensò che forse aveva ragione.
Erano anni che Annabella soffriva di una infelicità cronica.
Non che non ne avesse delle ragioni, ma nulla di assolutamente drammatico alla
fine era accaduto nella sua vita. Nulla che non avesse attraversato, con fatti
diversi e in alcuni casi anche più gravi, la vita di Sara e Doride.
Ma lei, pur soffrendo e lamentandosi di fatti e persone che
la circondavano, evitava poi quello che la vita le offriva.
Ormai vedova di un marito che non le era mai stato bene, che
l’aveva tradita un po’ per leggerezza e un po’ per vendicarsi del suo disprezzo
verso di lui e la sua famiglia, era stata circondata da corteggiatori anche di
pregio: un ex amministratore delegato di importanti aziende internazionali, un
ingegnere colto e fine e un signore senza titoli accademici ma accettabile che
amava per hobby cantare con una bella voce. Pur assediata da questi anziani
spasimanti, vedovi anche loro, lei non ne aveva voluto nessuno.
Sara non capiva perché, dato che certo non aveva avuto una
vita d’amore felice con Andrea, il marito, per cui essere fedele al ricordo…
Le aveva comunque manifestato la sua gioia di fronte ai suoi
successi che, bisogna dire, lei non aveva cercato, e come sempre le aveva dato
i consigli per il suo bene.
L’aveva esortata ad accettare l’ex amministratore delegato,
sembrandole il più fine, ben messo ed elegante, scherzando anche sul fatto che
possedeva due Ferrari sulle quali l’aveva condotta un poco in giro, anche a
vedere la sua villa ai Castelli Romani. Infine l’aveva invitata in vacanza in
Sardegna, dove aveva una casa e una barca, con i rispettivi nipotini più
piccoli: lei una nipote e lui un nipotino entrambi in età scolare…
Ma Annabella dei tre preferiva il cantante, non bello, non
fine come Livio, l’ex amministratore delegato, e disse: “A me piace. Peccato
che è un poco sporcaccione.. Le piacciono le quarantenni..”
E Sara pensò che erano passati decenni ma Annabella non era
cambiata. La vita non l’aveva cambiata.
Da giovane si era ostinata a correre dietro a chi
palesemente era egoista, non l’amava e, pur prendendosi la sua verginità a soli
sedici anni e continuando a prendersi il suo corpo, se ne infischiava della sua
anima raccontandole dei rapporti che intratteneva con altre donne.
A Sara nascondeva tutto questo anche quando lei, essendo
incappata in una infatuazione per un giovane che sentiva non confacente ai suoi
valori, le confidava dei tentativi di costui di portarsela a letto e della sua
resistenza a cedere a qualcosa per la quale sentiva non valerne la pena.
Annabella non cercò di dare a Sara buoni consigli, tacque
sul fatto che lei si stava dando via con un egoista costruendo tutt’altra
realtà.
Lui era “un vero prete”, diceva beffarda, e si sottraeva ai
rapporti sessuali che lei, spregiudicata, invece avrebbe voluti.
La verità su Annabella e il suo egoista Sara la scoprì da
sola sentendo casualmente uno scambio di frasi fra loro.
Nemmeno quella prima reticenza le aprì gli occhi sulla loro
amicizia.
Annabella ascoltava i tormenti morali di Sara che la
facevano riflettere su quanto lei aveva scelto di fare, ma stando ben zitta e
guardandosi dal dirle di non buttarsi via con uno con cui non c’era un vero
amore.
Tempo dopo, quando Sara le palesò che aveva capito la sua
situazione, le disse: “Quando tu mi facevi quei discorsi morali io
ho pensato a me… Mi hai fatto riflettere..”
“Ma te ne sei stata ben zitta, però, ed io mi confidavo per
cercare aiuto…” Pensò Sara.
E non era stata solo questa una manifestazione di slealtà da
parte di Annabella.
Una volta la accusò di cose che lei non aveva mai detto,
fatto o pensato, per pura cattiveria, e Sara si era messa a piangere di fronte
a tale ingiusta accusa. Erano ancora adolescenti, anche se Annabella, come Doride,
avevano entrambe un anno di più di Sara. Uscendo dalla casa della sua amica in
lacrime, continuando a ricusare le cattiverie di lei, si rese conto dal
sorrisetto divertito e maligno di Annabella, ancora nel vano della porta
d’ingresso mentre Sara era già nel pianerottolo, che era ben cosciente che si
trattava di accuse fasulle e che traeva divertimento dalla sua reazione
dolorosa.
Perché dunque quell’amicizia era continuata per 60 anni? Ed
ora a chiuderla non era lei, Sara, che si era sempre comportata lealmente con
la sua amica, che aveva gioito delle cose buone che le erano capitate, che le
aveva sempre dato buoni consigli, per il suo bene, di cui lei, per sua natura,
non ne aveva mai seguito nessuno, ma era Annabella senza una causa scatenante?
Ma la causa, ora Sara cominciava forse a capirlo, era
maturata a poco a poco nella testa di Annabella, forse per una sottile
inconfessata invidia per quello che di buono Sara aveva costruito, a poco a
poco, senza l’arroganza di Annabella, senza la superbia, con umiltà affrontando
le situazioni difficili che le si erano presentate vivendo.
“Se è così, - pensava Sara – è veramente meschina. Non
invidia chi le ha fatto del male, anzi, è arrivata ad umiliare la povera Micol
chiedendo alla figlia fortunata di chi ha tradito la sua amicizia se le trovava
un uomo! Come se Micol, colta e bella come è, avesse bisogno di un paraninfo!”
Le cose erano andate così.
Si era infatuata letteralmente dell’amicizia della moglie di
un suo cugino. Erano sempre insieme e anche Sara a volte le aveva raggiunte al
Parco con i rispettivi bambini.
In comune, e lo dicevano apertamente, avevano la stessa
insofferenza per la rispettiva vita matrimoniale.
A volte si presentavano a casa di Sara, dall’altra parte
della città rispetto alle loro abitazioni, truccate, agghindate per una
passeggiata, dichiarando che i bambini l’una li aveva lasciati con la suocera,
l’altra con la madre. Sara era felice di riceverle ma intorno aveva i suoi
bambini che facevano merenda sbriciolando in giro, giocando e Annabella con un
sorriso ironico diceva all’altra: “Hai
visto? Mentre mangiano gli permette di scendere dalla sedia! I miei no! Debbono
rimanere seduti quando fanno merenda, guai a loro, altrimenti sporcano in
giro!”
E l’altra sorrideva fumando la sua sigaretta.
E ancora: “Guarda come
è soddisfatta! Perché tu Sara sei soddisfatta di questa vita?”
“Si, - Rispondeva
Sara col sorriso. - Lo sono, perché
questa vita l’ho scelta, non me l’ha mica imposta qualcuno.”
“Hai ragione, - ammetteva
con schiettezza Annabella – noi due
invece non siamo soddisfatte, per questo usciamo per svagarci un po’. Comunque
hai ragione tu, siamo noi che abbiamo sbagliato le scelte.”
E di questa reciproca insoddisfazione si era approfittata
vilmente la cugina acquisita portandosi a letto Andrea, il marito di Annabella.
Ne era seguito uno scandalo familiare giacché Annabella
soffrì molto del doppio tradimento e coinvolse tutto il parentado.
La cugina non fu cacciata dal marito, lui benestante lei
assolutamente nullatenente, ma curata anche all’estero per una malattia
immunitaria che le era in seguito sopraggiunta.
I suoi figli si erano sposati felicemente e l’avevano resa
nonna di numerosa prole.
E è ad una di questi figli che Annabella, con una
superficialità spiazzante per Sara, chiese se aveva qualcuno da presentare a
sua figlia Micol, che invece una vera famiglia non se l’era mai costruita.
Sara si chiedeva cosa avesse in testa la sua amica.
Non comprendeva quello che le sembrava masochismo. Umiliava
Micol come se non avesse doti a sufficienza per trovare da sola un compagno di
vita, per di più lo chiedeva alla figlia di chi l’aveva tradita, umiliata ed
offesa...
Dunque nessuna invidia per l’ottima riuscita esistenziale
dei figli di colei che aveva commesso un adulterio a suo danno, ma ne aveva
forse nei suoi riguardi?
Ripensò a certi episodi.
Aveva sentito una blanda ammirazione per suo figlio quando,
con tocco e toga di Laurea, aveva laureato il suo primo studente di cui era
relatore di tesi. Sara le aveva inviato il breve filmato del momento nell’Aula
dell’Università e Annabella, seria, le aveva detto di fare i suoi complimenti a
Giorgio. Ma non c’era stato altro. Sara l’aveva sentita come spenta, come se
l’apertura franca e scherzosa che c’era sempre stata fra loro non ci fosse più.
Non aveva partecipato nemmeno alla sua contentezza quando
sua figlia aveva dato una cena con i parenti più stretti per le sue nozze
d’argento. E aveva sentito come una rattenuta sorpresa quando, sempre sua
figlia, aveva fatto un viaggio in Giappone con tutta la sua famiglia.
Sara sapeva che Annabella riteneva un simile viaggio roba da
ricchi dato che, molti anni prima, aveva così commentato l’invito a seguirla in
Giappone fatto a suo fratello dalla donna che aveva all’epoca con lui una
relazione: “E’ stata una presa per il
culo.”
“Perché?”Aveva
chiesto Sara non comprendendo.
“Perché lei va con i
genitori che sono ricchi sfondati e a lui chi glieli da i soldi per pagarsi un
simile viaggio?”
Sara, stupita, aveva obiettato che suo fratello non veniva
da una famiglia di ricchi sfondati ma certo da una famiglia benestante a
sufficienza perché suo padre avesse potuto aprirgli uno Studio di Avvocato in
centro… Professionalmente poi egli guadagnava bene…
Il modo di pensare della sua amica la sorprendeva sempre per
il suo distorto classismo.
A volte, nel passato, era stata insultante nei suoi riguardi
in tal senso, usando esempi, che potevano richiamare la condizione sociale di
Sara figlia di un impiegato dello stato, disprezzandoli come se non sapesse che
quegli esempi che disprezzava appartenevano alla stessa condizione della
famiglia di origine di Sara.
Impossibile che non sapesse che, esprimendo quei giudizi,
offendeva lei e la sua famiglia. Sara aveva anzi la sensazione che lei se ne
rendesse conto benissimo e che con cattiveria fintamente inconsapevole volesse
umiliarla.
Ma Sara, lungi dal sentirsi umiliata come forse la sua amica
avrebbe voluto, era serena della sua condizione, ed era stata sempre felice di
tutto quello che la famiglia di Annabella aveva di più, ammirando quello che di
bello avevano… Nel suo animo non conosceva il morso meschino dell’invidia per
nessuno, a maggior ragione per le sue amiche a cui voleva bene...
Conosceva questo lato oscuro dell’animo della sua amica, che
era venuto fuori molte volte in varie forme in 60 anni di amicizia.
Perché non aveva mai chiuso l’amicizia con Annabella? Se lo
era chiesto a volte. Forse perché nei momenti difficili della sua vita però
l’aveva ascoltata e supportata…
Ugualmente era stato con Doride. Ma
il rapporto fra Annabella e Doride per alcuni aspetti era stato più
confidenziale di quello fra Sara e Doride, dato che ciascuna sentiva la natura
delle altre due e la natura di Annabella e Doride era più lieve, non severa
come quella della loro comune amica Sara.
Così c’erano cose di Doride che
Sara aveva appreso da Annabella e con Doride non ne aveva mai parlato, non per
slealtà, ma per rispetto del suo già precario equilibrio.
Capitava poi che Doride desse per
scontato che Sara sapesse questa o quella cosa triste e dolorosa che la
riguardava e ne parlasse come se Sara l’avesse appresa da lei.
Così Sara sentiva di non potersi
appoggiare nei suoi momenti dolorosi all’amica psicologicamente più fragile,
Doride, mentre sull’ascolto e il commento di Annabella poteva contare.
Allo stesso modo Doride avvertiva
un pudore a parlare di certe sue cose con Sara, forse perché la sentiva più
rigida e severa sui comportamenti da tenere, sulla morale, lasciandosi andare
invece con Annabella.
Comunque questo triangolo affettivo
era andato avanti nel tempo per 60 anni!
Sicuramente Doride ed Annabella
nelle loro lunghe telefonate parlavano anche di Sara, criticandone quelli che
per loro erano difetti, e poi ciascuna a Sara faceva commenti sull’altra
assente ma sempre avendo dentro di sé un affetto sincero.
Annabella, che sempre aveva avuto
un linguaggio aspro, un giorno sorprese Sara dicendo: “Perché noi le vogliamo bene a Doride non diciamo che è una puttana!”
La parola cruda aveva colpito Sara, che però in cuor suo
sapeva essere la realtà. In bocca ad Annabella, che di loro due era quella che
aveva avuto una vita sentimentale più movimentata e che sulla vita sessuale era
di più larghe vedute, non la scandalizzò, perché Annabella alla fine non aveva
tradito il marito fedifrago neppure per rivalsa, pur continuando, per umiliarlo,
a telefonare al suo primo amore anche davanti a lui e ai figli ormai
adolescenti. Sempre inutilmente provocatoria.
Il crudo commento era dovuto alle confidenze
“dongiovannesche” che Doride faceva ad Annabella.
Anche lei viveva un matrimonio infelice, con un uomo che non
aveva la sua stessa sensibilità e che non aveva saputo comprendere le ferite
gravi che ella si portava dentro dalla sua infanzia. Dopo un aborto procurato
per l’impossibilità economica di mettere al mondo un terzo figlio quando il
secondo aveva solo sei mesi, Doride era finita in depressione: il carico che si
portava dentro dall’infanzia, sommato all’infelicità del suo matrimonio, aveva
fatto sì che la rinuncia alla maternità a cui le ragioni economiche e pratiche
l’avevano costretta costituisse un crollo definitivo. Finì in clinica
psichiatrica.
Di quel periodo seppe poco anche Annabella. Solo la
sciagurata madre di Doride le disse di aiutarla, una volta che Annabella
l’aveva incontrata a casa di Doride ormai uscita dal breve ricovero in clinica.
Sara seppe qualcosa dal racconto di Annabella, giacché,
molto presa dai figli e da mille incombenze, non vide Doride per un lungo
periodo.
Quando tornò a parlarci Doride era in cura psicanalitica con
uno psichiatra che lei chiamava confidenzialmente per nome: Manlio.
In seguito parlò alle due amiche della relazione amorosa che
aveva intrecciato con Manlio. La severa Sara qui si scandalizzò: “Ma questo è
pazzo! – Disse. – Da radiare dall’Albo! Uno psicanalista che va a letto con la
sua paziente!”
Anche Annabella la pensava allo stesso modo, ma senza
soprassalti moralistici.
Sara si preoccupava del male che quell’uomo faceva alla sua
amica invece di curarla. E trovava ignobile la sua finzione quando il marito di
Doride andava da lui per sapere a che punto stava la situazione psicologica
della moglie.
Doride pensava che lui l’avrebbe sposata, era
innamoratissima. Fece pressioni sul marito perché, data la loro annosa
situazione dormivano in stanze diverse, trovasse un’abitazione per creare una separazione di fatto.
L’uomo fece resistenza anche per ragioni strettamente
economiche: lavorava solo lui, avevano due figli adolescenti, e già doveva
pagare l’affitto del grande appartamento dove vivevano in una zona signorile di
Roma.
Ma Doride era convinta che quello fosse il primo passo per
poi avere il divorzio e sposare il suo psicoanalista. Anch’egli aveva un
divorzio in atto da tempo e due figli adolescenti di cui la femmina, rivelava
Doride, gelosissima del padre e a lei ostile.
Ma quando Manlio ottenne il divorzio sposò una sua collega e
Doride rimase sola con le sue illusioni.
Nel commentare l’avvenimento fra loro Annabella e Sara
espressero ipotesi diverse: Annabella iniziò con il dire che Doride si era
sognata tutto, che non c’era mai stata alcuna relazione, ma si era trattato del
classico transfert.
Sara opponeva la riflessione che se così fosse allora Doride
stava proprio male, si era creata una realtà che esisteva solo nella sua mente
e questo spiegava perché lo psicanalista si era sposato con la collega appena
avuto il divorzio.
In ogni caso entrambe non contraddissero mai i racconti di
Doride, convenendo che, anche se si trattava di tutta una sua costruzione, se
ne aveva bisogno come amiche che le volevano bene dovevano solo ascoltarla.
In seguito non spiegò mai perché, secondo lei, se Manlio la
amava tanto aveva sposato la collega appena libero dal legame coniugale. Evitò
sempre di spiegare il fatto così incongruente con tutto il castello di racconti
di tale storia romantica che elargiva alle sue amiche.
Sara non sapeva cosa pensare, ma trovava che forse Annabella
aveva ragione.
Sempre Annabella le riferì che Doride le aveva confidato di
aver intrecciato una breve relazione sessuale con un giovane conosciuto durante
una vacanza con sua madre e che costui l’aveva raggiunta a Roma ed avevano
avuto un rapporto sessuale in auto.
Certo per la morale di Sara la sua amica era scesa sempre
più in basso, ma dato che conosceva i suoi traumi infantili era verso di lei
indulgente, ne provava pena.
Annabella le aveva riferito che, quando era andata a
trovarla a casa dopo che era uscita dalla clinica e la madre l’aveva pregata di
starle vicino, era perché forse aveva tentato il suicidio.
Doride a dodici anni aveva appreso in modo traumatico che
suo padre non era suo padre, avendola sua madre concepita mentre lui era in
guerra.
Essere amiche da un tempo così lungo era ormai più di una
fratellanza e per questo la scelta di rompere in modo così drastico e
definitivo solo con lei da parte di Annabella Sara lo trovava assurdo e, se i
motivi erano quelli che pensava, non trovandone altri non avendo nulla da
rimproverarsi ma, al contrario casomai da rimproverare, era triste, ma per lei,
Annabella.
Doride continuava a sentirla e ridacchiando le faceva capire
che la riteneva problematica e che era inutile cercare di capire.
Lei con un equilibrio psicologico così precario mostrava di
ritenere Annabella una che stava peggio di lei.
Sara era serena, ma ogni tanto pensava alla sua amica perché
non poteva smettere in fondo di volerle bene.
Suo marito, che Sara aveva conosciuto proprio tramite
l’amicizia con Annabella, le aveva detto più volte in passato che non capiva
come Sara avesse potuto perdonarla e continuare l’amicizia.
Ancora fidanzati egli le aveva detto che Pierguido,
l’egoista che si portava a letto l’innamorata Annabella senza contraccambiare
il suo sentimento e facendole paradossalmente le prediche dicendole che non
doveva cedergli, gli aveva presentato l’amica della sua amante come una ragazza
facile.
Sara era scoppiata a piangere come quella volta che
Annabella l’aveva accusata di sentimenti e pensieri, inesistenti in lei, con
un’espressione malignamente soddisfatta di averle provocato quella reazione di
dolore, poi si era indignata chiedendosi come e a quale titolo quel Pierguido,
che lei conosceva appena come il ganzo della sua amica, potesse con tanta
leggerezza presentarla a qualcuno con quell’etichetta.
“Un bullo di periferia
farebbe una cosa simile, con tanta leggerezza, senza conoscere una ragazza infangarne
la reputazione…”
“E’ evidente, - le
disse il suo futuro marito – che questo
Annabella gli aveva detto di te!”
Ed era stato proprio come il suo fidanzato aveva dedotto,
anche se questa calunnia di Annabella detta dietro le sue ignare spalle quel
Pierguido non avrebbe dovuto riportarla come certezza, non conoscendo Sara. Se
fosse stato un uomo con un minimo di etica, ma la persona dimostrava già il suo
squallore abusando dell’amore di Annabella senza corrisponderlo, ma mentre
prendeva il suo corpo le faceva la morale e lei, nella sua umiliazione, aveva
pensato di sollevarsi agli occhi di un tale miserevole personaggio calunniando
le sue amiche, infatti oltre Sara aveva calunniato anche Doride, all’epoca
vergine come Sara.
Davvero Sara non sapeva neppure lei come aveva potuto
continuare quell’amicizia dopo tale scoperta.
“Ti rendi conto che se
io avessi creduto a quella presentazione noi oggi non saremmo qui?”
Le aveva detto più volte nel tempo suo marito.
Carto Sara aveva avuto modo di conoscere il lato vile
dell’animo della sua amica anche in precedenza quando, in preda alla paura di
essere incinta di Pierguido, le chiese di accompagnarla in un ambulatorio
privato a fare l’analisi per sapere se era incinta, non esistendo a quel tempo
il test di gravidanza fai-da-te che venne in seguito acquistabile in farmacia.
Mentre sedeva accanto a lei in sala d’aspetto Sara si sentì
proporre dalla sua amica, in preda ad una raggelante ansia, se poteva dare il
suo nome a posto del proprio.
Pur nell’innocenza dei suoi 17 anni Sara rimase basita da
una simile proposta: la sua amica le proponeva di dare il suo nome “perché
altrimenti di quel nome ne sarebbe rimasta traccia che aveva fatto l’analisi
per accertare una possibile gravidanza”.
“Ma… scusa e del mio
non rimarrebbe traccia?” La richiesta era così vile che la stessa Annabella
se ne rese conto, ma la paura di coprire ciò che lei era diventata era così
forte da indurla a tentare di nascondersi dietro il nome della sua innocente
amica.
Lo stupore di Sara ad una simile richiesta, ovviamente
ricusata, non la indusse però ad allontanarsi da quella amicizia.
In seguito, negli anni, questo lato vile, calunnioso, della
personalità di Annabella si era manifestato ancora in piccoli episodi in cui
cercava di mettere in cattiva luce le sue due amiche, in particolare Sara
sempre così limpida e lineare per carattere.
Sara stessa non sapeva perché in fondo l’aveva perdonata e
aveva continuato a volerle bene: forse perché la sentiva più debole di lei.