sabato 27 agosto 2022

Dallo zar ad un'oppressione peggiore

 

Varlam Tikhonovic Salamov (1907-1982)  


LA MIA VITA CON SALAMOV
                    E L'OMBRA DI 21 ANNI DI GULAG

i n t e r v i s t a 

                    
lrina Pavlovna Sirotinskaja gestisce l'eredità letteraria del grande autore dei Racconti di Kolyma: ecco la sua storia.

Irina Pavlovna Sirotinskaja non è stata solo la compagna più assidua degli ultimi anni di vita di Varlam Tikhonovic Salamov, lo scrittore che passò 21 anni nei Gulag i campi di lavoro sovietici, e sopravvisse per raccontarli nei Racconti di Kolyma.

A lei, che ha curato l'edizione Einaudi del 1999 dei Racconti Salamov, morto nel 1982, lasciò tutto ciò che aveva.

Quando e come vi eravate conosciuti?

"Nel 1966, il 2 marzo. È una data che non posso dimenticare: anche adesso in quel giorno cerco sempre di visitare la sua tomba. Leggevo molto il samizdat, la letteratura del dissenso, e quindi conoscevo alcuni dei suoi racconti. Mi avevano fatto una grande impressione. Con me lavorava un'amica la cui madre conosceva bene Varlani Tikhonovic, che mi fu presentato. Lui aveva 59 anni, io 33. Ero sposata e avevo tre figli".

Come viveva Salamov in quel periodo?

"Non lavorava, viveva di una modesta pensione d'invalidità di 42 rubli. Gli era stata assegnata nel 1957, quando si era ammalato per le percosse subite nei Gulag di Kolyma.
Per arrotondare scriveva recensioni, finché più tardi lo Stato gli riconobbe un'indennità di 72 rubli per i dieci anni passati al lavoro forzato in miniera.
In vita pubblicò solo cinque brevi libretti, in cui le poesie relative a Kolyma erano regolarmente tagliate.
Lui diceva: "Questi libri sono come invalidi, con le braccia e le gambe amputate".
Nonostante le delusioni, però, lavorava tutti i giorni.
Comprava tanti libri. I libri e le mele, ecco i due lussi che si concedeva. 
Per il resto, sembrava non aver bisogno di niente".

Le parlava del Gulag?

"Non passava giorno che non ne parlasse.
E raccontava in modo meraviglioso, a me sembrava di vedere le cose di cui parlava. Parlarne con me, diceva, lo aiutava a risvegliare i ricordi. Ecco perché sull'ultimo libro di racconti scrisse: "A Ira, autrice con me di questa raccolta".

Su cosa si fondava la vostra amicizia?

"Credo che in fondo fossimo molto simili, eravamo stati entrambi educati al culto della letteratura russa dell'Ottocento.
D'altra parte ai nostri tempi romanzi gialli non ce n'erano, a dodici anni leggevo Gogol', Tolstoj e Dostoevskij".

Salamov era stato sposato due volte. Che cosa provò nel ritrovarsi solo all'incombere della vecchiaia?

"La sua prima moglie era stata Galina Ignatevna Gul'c, che aveva conosciuto prima di finire a Kolyma. 
Dopo l'arresto iniziarono a scriversi, ma non vedersi per 17 anni rese le cose molto difficili.
I veri problemi, però, iniziarono quando Varlam Tikhonovic tornò da Kolyma.
Lei non voleva che lui raccontasse la sua storia alla figlia Lena, che andava all'Università, era iscritta al Komsomol (la gioventù comunista, ndr) e sui moduli d'iscrizione aveva scritto che il padre era morto".

Sembra una storia molto crudele...

"Forse bisognerebbe mettersi nei panni di una donna che aveva tanto a lungo atteso il marito e non capiva perché lui, tornato a 53 anni da Kolyma, volesse solo scrivere del Gulag e non costruirsi una vita normale.
Quando Varlam Tikhonovic ottenne la libertà, Stalin era morto da poco. Tre anni dopo, quando Salamov fu riabilitato, Galina ricevette da lui una lettera che diceva: "Le nostre strade si dividono". Si separarono e lui non vide mai più né lei né la figlia".

Negli ultimi anni, Varlam Tikhonovic Salamov visse in un ospizio. Era una cosa che gli pesava?

"Moltissimo. Ma non c'era stata altra soluzione. Avrei dovuto stare con lui tutti i giorni, di fatto abbandonare mio marito e i miei figli, e questo non potevo farlo. Un giorno mi chiese che cosa doveva fare. Risposi che forse avrebbe dovuto pensare alla casa di riposo.
Lui s'infuriò, rispose:
"No, piuttosto sposo la prima che capita!".
Ma aveva 79 anni, che potevamo fare? 
Morì a 82 anni, in una mattina di gennaio piena di sole". 

FULVIO SCAGLIONE
NOTA DI Rita Coltellese: le date di nascita e di morte di Varlam Tichonovič Šalamov accanto alla sua foto nell'inserto sopra riportato sono esatte.
Nell'intervista fatta alla sua amica lrina Pavlovna Sirotinskaja ci sono delle inesattezze evidenti giacchè essendo nato nel 1907 e morto nel 1982 egli morì a 75 anni

Leggendo "I Demoni"  (http://www.ritacoltelleselibripoesie.com/2022/04/riflessioni-su-i-demoni-di-fedor.html) ho capito a cosa si ispirava Dostoevskij descrivendo i suoi personaggi: i protorivoluzionari dell'Internazionale Socialista che decenni dopo porteranno alla Rivoluzione Russa del 1917.
La ferocia delle estremizzazioni di certo pensiero, che nasce contro la tirannia e a favore dei lavoratori, ma si rivolta poi anche contro i suoi stessi compagni, ne "I Demoni" Dostoevskij lo mette in evidenza in due episodi legati fra loro: il gruppo di cospiratori di idee socialiste ammazza Satov solo per il timore che egli possa tentennare su ciò che stanno facendo e fa ricadere la colpa su un altro del gruppo, Kirillov, che già aveva idea di suicidarsi e, nella sua follia, lascia una lettera in cui si attribuisce l'omicidio a cui però non ha partecipato.

La Rivoluzione fu comunque necessaria: lo zar cieco alla sofferenza del suo popolo.
Ma poi dopo la morte di Lenin prevalse il terrore di Stalin che fece uccidere Trockij, costretto a vivere lontano dalla Russia Socialista di cui era stato uno dei fondamentali costruttori.
Stalin, lo abbiamo saputo dopo in Italia in cui ingenuamente i comunisti si ripetevano la frase "Ha da venì Baffone!", come un mantra augurale di chissà quali giustizie sociali, fu un mostro assolutamente paragonabile ad Hitler.
Tanto che negli anni cinquanta del secolo appena passato in Russia ci fu la "destalinizzazione" e il mondo assistette alle statue con l'immagine del dittatore tirate giù dai piedistalli e mandate in frantumi: uno spettacolo che in Italia si era visto dopo la fine della disastrosa Seconda Guerra Mondiale con le statue di Mussolini.
Ma il regime staliniano è stato ben più schiacciante le libertà personali rispetto al regime fascista italiano.
La Libertà e la Dignità personale in Russia sotto Stalin non esistevano più.
La Legge non era più garanzia di nulla, la Libertà di una persona poteva essere tolta all'improvviso senza che questa ne conoscesse la ragione, e spesso senza ragione alcuna, se non la paranoia insindacabile di un sistema che spiava sé stesso. Le persone hanno vissuto per decenni senza nemmeno la libertà mentale, di poter pensare liberamente... Il delitto peggiore a mio avviso è stato piegare le coscienze a questa oppressiva paura del sistema, che vuole una fede assoluta che non basta, perché il sospetto di un'altra qualsiasi mente dell'apparato può all'improvviso gettarti nella disgrazia.
Un esempio per me atroce è il disconoscimento che la figlia di Varlam Tikhonovic Salamov fa della paternità del padre...
Il padre, vittima dello stalinismo, gettato in un gulag, un lager nell'estremo lembo della Siberia di nord-est, senza aver fatto nulla, come tanti di cui egli racconta nei suoi Racconti di Kolyma, viene ripudiato dalla figlia "perché fa l'università" e quel padre, vittima dell'atroce sistema oppressivo, può nuocere alla sua carriera...
Questa corruzione della coscienza di sua figlia è il delitto più orribile che tale sistema può operare.

Leggere la pacata narrazione degli eventi che Varlam ha visto scorrere davanti ai suoi occhi, privato della sua libertà e gettato in un lager creato dall'U.R.S.S. in una penisola gelida della Siberia estrema a nord est chiamata Kolyma, mostra l'orrore di una Società, di un sistema politico, simile al nazismo e forse più spietato perché rivolto contro sé stesso, i suoi stessi figli, accusati di crimini inesistenti, per un atteggiamento, una parola, un gesto interpretato come contro il popolo o il partito.
Condanne di decenni in un luogo le cui condizioni di vita sono già estreme per le temperature che arrivano anche a meno 50° centigradi, costretti a lavori forzati con pochissimo cibo.
Molti si uccidino, altri muoiono semplicemente di stenti.
L'essere umano viene annichilito.
Nulla di diverso da ciò che i nazisti fecero a chi era semplicemente ebreo...
Stavano male sotto lo zar ma, poveri russi, finirono in un inferno anche peggiore.
Un po' di luce venne con l'ucraino  Chruščëv poi ancor meglio con Gorbačëv ma siamo ripiombati con Putin nei massacri di vite umane solo per voglia di avere sbocco a mare a sud.