mercoledì 19 aprile 2023

Che nobile Regina!

Questa è la nuova Regina degli inglesi.
Chi ritiene ancora che la monarchia abbia un senso se la merita.
Figlia di un titolare di un'azienda vinicola (vino inglese!) amante dei cavalli e di Carletto figlio di Elisabetta che aspirava ad essere il suo "tampax"

 
Con l'ex marito, l'ex ufficiale di sua maestà britannica
 Parker Bowles a cui, fino ad oggi, tutti i giornali del mondo hanno continuato a riferirsi quando scrivono di lei. Nonostante le corna oggi sono amici e compaiono insieme in molte occasioni anche ufficiali. Qui sembra dirle: "Ce l'hai fatta! Certo che i nostri figli se ne avvantaggeranno. Brava!"

Ed eccola con l'innamoratissimo secondo marito: Carlo tampax più piccolo di lei di un anno.
Sempre abbigliata con mises costosissime che non ne mitigano la bruttezza evidentissima: qui, oltre al viso scucchioso da Befana rugosa, è evidente il "seninterra".

I figli avuti dal marito cornuto sorridono felici ai lati della madre Regina degli Inglesi!

La faccia della nuova "nobiltà inglese"


lunedì 17 aprile 2023

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

 Capitolo XIV

Nella stanza singola in cui era stata nei primi giorni del suo trasferimento all'Ospedale per la Riabilitazione avevano messo una nuova arrivata: la si vedeva passando in corridoio perché la porta era sempre aperta: era una donna più giovane di Elena, magrissima, sempre distesa sul letto sopra le coperte e in calzoncini corti che mostravano le sue gambe magrissime. Lo sguardo, sempre volto verso il corridoio, era assorto e allo stesso tempo assente e si posava su chi passava senza mostrare alcun interesse.
Elena col passare dei giorni capì che la nuova paziente aveva delle difficoltà a riprendersi dall'intervento chirurgico al cuore, qualsiasi esso fosse stato.
Tutti avevano il denominatore comune che, per arrivare al motore del corpo umano per aggiustarlo, erano stati aperti al torace, con tutto ciò che di traumatico questo comporta.
L'aveva illustrato con molta ironia il Cardiologo responsabile del Reparto durante una delle visite mattutine con tutto lo staff, Terapista a capo della palestra compresa. Elena aveva timidamente detto che quando faceva certi esercizi il dolore sotto il seno aumentava rendendoli impossibili tanto era acuto.
Il Medico per scuotere la fatica psicologica ad affrontare il dolore da parte dei pazienti usava spesso l'ironia e, accompagnando quel che diceva con i gesti, disse: "Il Cardiochirurgo sega lo sterno, zzzzzzzh! - E fece con la bocca il verso del rumore della sega oscillante usata dal Cardiochirurgo - Poi apre la gabbia toracica: scrak, scrak! - E accompagnò il suono con il gesto cruento di allargare l'immaginaria gabbia toracica nell'aria. "Tutto questo fatto da qualche specializzando, poi il primo operatore fa il resto e infine mettono i drenaggi che dopo qualche giorno verranno tirati via!  E ci lamentiamo che sentiamo dolore?!"
Effettivamente erano proprio le ferite provocate dai drenaggi quelle che davano ad Elena quel dolore acutissimo.
La donna della stanza singola non si alzò mai da quel letto. Aveva il pannolone e la cambiavano, mangiava a letto incitata dalle infermiere ma non voleva alimentarsi...
Che riabilitazione poteva mai fare? Tutti, prima di giungere in quell'Ospedale con un preciso scopo, erano stati fatti alzare dal letto e messi su una sedia poi fatti camminare già in Subintensiva...
Fu chiaro che quella donna non aveva alcun motivo per stare in quell'Ospedale. Il lavoro e l'incitamento del  personale infermieristico, per quanto professionale e paziente, a tratti affettuoso, nulla poteva su quella paziente che non collaborava affatto. Una notte cominciò a chiamare continuamente gli infermieri perché voleva l'acqua, poi cominciò a dire: "Muoio!"  In un lamento ripetuto e ripetuto. Infine iniziò a chiamare un nome di donna:   "Forse sua figlia lontana?"  Si chiese triste Elena, visto che in visita non si era visto nessuno..
Infine la donna sparì. Di certo l'avevano rimandata all'Ospedale dove era stata operata, non essendo quello l'Ospedale adatto alla sua situazione. Stessa cosa per un uomo di una stanza accanto, che Elena non individuò fra quelli che la sera passeggiavano per il corridoio fino alla veranda dove c'era campo per i cellulari per chiamare le proprie famiglie. Sentì soltanto il tramestio degli infermieri e le voci soffocate che dicevano che era caduto a terra mentre andava in bagno sbattendo la testa. Fu trasferito ad un Pronto Soccorso...

Procedura di esecuzione di una sternotomia mediana

L’approccio più frequentemente utilizzato per gli interventi sul cuore e sull’arco aortico è rappresentato dalla sternotomia mediana, nella quale l’incisione sternotomica viene praticata attraverso un’incisione longitudinale della cute che parte dal centro della fossetta giugulare e termina appena sotto l’apofisi xifoide dello sterno. Una volta incisa la cute, attraverso l’elettrobisturi vengono sezionati il tessuto sottocutaneo e la fascia presternale, esponendo quindi il periostio e lo sterno. Successivamente, utilizzando una sega oscillante, lo sterno viene diviso longitudinalmente nella parte centrale, in modo da permettere l’inserimento del divaricatore, il quale consente di allargare in modo simmetrico e atraumatico i due capi sternali. Dopo il posizionamento del divaricatore si procede con la divisione del grasso timico e prepericardico, legando o clippando contestualmente i vasi sanguigni e facendo attenzione a non ledere il tronco venoso anonimo.
A questo punto il pericardio, una volta esposto adeguatamente, viene aperto anteriormente attraverso un taglio longitudinale, che in basso viene allargato a “T” in corrispondenza della superficie diaframmatica. Infine vengono passati alcuni fili di trazione sui margini pericardici in modo tale da ottenere la migliore esposizione possibile del cuore e dei grandi vasi.
La via di accesso sternotomica permette un agevole posizionamento e controllo delle varie cannule utilizzate per la circolazione extracorporea (CEC); in tal modo il cardiochirurgo può operare su ogni parte del cuore per eseguire interventi sugli apparati valvolari o può raggiungere ogni parte della superficie cardiaca per eseguire le anastomosi coronariche negli interventi di bypass aorto-coronarico (BPAC). Attraverso questo approccio è inoltre possibile eseguire interventi sulle arterie polmonari.
Attraverso questa via di accesso attualmente vengono eseguiti tutti gli interventi sulla valvola aortica, sulla radice aortica, sull’aorta ascendente, sull’arco aortico e l’intervento di trapianto cardiaco.
Anche la chirurgia della mitrale, della tricuspide e il BPAC sono in grandissima parte eseguiti in sternotomia mediana, anche se esistono delle eccezioni in cui questi interventi vengono eseguiti con tecniche mininvasive. Al termine dell’intervento cardiochirurgico eseguito in sternotomia, prima della chiusura, vengono posizionati solitamente due drenaggi chirurgici: un drenaggio retto posizionato dietro lo sterno (drenaggio retrosternale) e uno curvo posizionato sotto la base del cuore, lungo il diaframma (drenaggio retrocardiaco). Una volta posizionati i drenaggi, lo sterno viene accostato simmetricamente attraverso dei fili metallici e i piani cutanei sono accostati con suture continue riassorbibili.


martedì 11 aprile 2023

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

 Capitolo XIII

Il Professore Otorinolaringoiatra che effettuava le consulenze per l'efficiente Ospedale convenzionato con il Servizio Sanitario Regionale per la Riabilitazione fu chiarissimo: disse che questi errori chirurgici, non frequenti, non erano attribuibili agli Anestesisti. Elena, suo marito e suo figlio, qualora non le fosse ritornata la voce, meditavano di fare causa all'Ospedale dove tale intervento era stato eseguito. 

Il simpaticissimo Cardiologo croato, molto efficiente, disse: "Vediamo di fare a questa signora anche una Terapia Riabilitativa per farle tornare la voce."
Fu così che Elena conobbe Silvia, la sua Logopedista.
Ogni giorno ad una certa ora Silvia la veniva a cercare in palestra oppure in stanza. Ella aveva un suo studio al piano di sotto e lì Elena imparò a fare gli esercizi fonici per risvegliare la sua voce sparita.
Non fu facile, ma Silvia era di una bravura eccezionale e a poco a poco, quasi come un miracolo, la sua corda vocale paralizzata ricominciò a vibrare... 
Elena credeva che Silvia fosse una ragazza sui trenta anni e si stupì di apprendere che di anni ne aveva cinquantuno.
Era graziosa senza essere bella e, da foto fatte in vacanza che le mostrò, vide che aveva un bel corpicino.
Durante le sedute si conobbero meglio sul piano umano e, dato che Silvia aveva delle pene d'amore che le espresse con dolce e sincera afflizione, si instaurò fra le due donne una tale confidenza che la più anziana, e bisognosa della professionalità della più giovane, le parlò con il cuore aperto di alcuni aspetti della sua vita cercando di darle anche dei consigli. Uno dei suoi figli aveva avuto pene d'amore, poi risolte, e lei cercò di usare quell'esperienza di dolore riflesso come madre parlando a Silvia da madre.

Quello che la donna stava vivendo in quella esperienza di dolore che aveva  affrontato non tanto per allungare la sua vita, giacché riteneva di aver vissuto un tempo umanamente giusto, quanto per i suoi familiari spaventati e addolorati, la riempiva di stupore per i rapporti umani che andava vivendo.
La vita era stata una continua scoperta di miserie umane, di gente che ti odia anche se nemmeno ti conosce, che ti invidia ferocemente per quello che hai di bello ignorando però le tue pene, quelle non inglobate nel più miserabile dei sentimenti umani, bensì caso mai motivo di maligna soddisfazione, e alla fine la grande disponibilità che per carattere ella aveva verso gli altri si era ridotta e muri di diffidenza e di disgusto.
Ma ora con le persone così professionali che aveva incontrato da quando era entrata nel primo Ospedale, ma ancor di più in questo Specializzato per la Riabilitazione, l'esperienza umana che andava facendo era quasi affettiva, tanto si stava rivelando confortante.
Perché quella stessa umanità non si trovava fuori di lì?
Forse bisognava soffrire un dolore estremo perché persone intorno a te ti riconoscessero come fratello umano? O forse quelle persone, addestrate ad aiutare in vari modi professionali esseri deboli ed indifesi, sviluppavano un'umanità in altri sopita?
Elena non lo sapeva, ma riscoprire la vicinanza di un'umanità profonda, naturale, era una esperienza per lei molto piacevole.

Intanto le avevano cambiato stanza: non più camera singola ma con un'altra paziente.
Anche qui il muro di diffidenza e di ripulsa verso il suo prossimo cadde subito, giacché la persona che le era sembrata non fine e forse rozza si rivelò invece una donna intelligente, aperta e piena di voglia di tornare a vivere, contrariamente a quanto il suo aspetto aveva suscitato in Elena. 
Anche costei aprì il suo animo, parlò di sé e, senza arie e compiacimenti, del suo lavoro di artigianato artistico molto particolare e raro, poi della sua famiglia ricca di affetti: era anche nonna e con molto amore mostrò le foto dei suoi cari ad Elena che le fece i suoi ammirati complimenti per i nipotini, così belli e fini da sembrare attori del cinema.
La sua compagna fu dimessa e dimostrò una grande forza d'animo e molto equilibrio nel non lamentarsi anche se, per tornare nella sua casa, doveva affrontare un lungo viaggio in autostrada, cosa poco piacevole con un torace aperto e ricucito e con uno sterno che aveva bisogno almeno di altri due mesi per completare la riossificazione. Ma lei con molta tranquillità disse che si sarebbe protetta con un cuscino e ovviamente sarebbe stata nel sedile posteriore mentre suo marito guidava. Anche questa donna, come molti ricoverati in quel Reparto, era più giovane di Elena: 66 anni. 
Al suo posto arrivò una delle persone che erano state con Elena nell'ospedale dove aveva subito l'intervento chirurgico: la professoressa con cui aveva diviso anche la stanza. Furono felici entrambe di ritrovarsi.

La paralisi unilaterale sinistra è la più frequente: la corda vocale sinistra è paralizzata più spesso di quella destra poiché il nervo ricorrente sinistro necessario al suo funzionamento prende un corso più lungo dal tronco cerebrale alla laringe ed è quindi statisticamente più soggetto a traumi o lesioni chirurgiche





mercoledì 5 aprile 2023

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

Capitolo XII

"E' tutto qui."  Pensieri tranquilli di una persona che era sempre stata presente a sé stessa, in fondo una natura serena se non fosse che le sue acque le avevano agitate gli altri. I suoi amati genitori con i loro problemi psicologici ed esistenziali... E poi gli altri la cui ostilità le appariva immotivata dato che lei era leale e non avrebbe potuto essere altrimenti, per sé stessa: era lei il primo giudice di sé.
L'avevano fatta sbagliare due cose: l'ingenuità dovuta all'inesperienza e la sopravvalutazione delle persone che non meritavano il suo giudizio sempre troppo buono. 
Era andata così. Non aveva rimpianti. In fondo ce l'aveva fatta, era andata bene. Quanti disastri aveva visto intorno a sé, quante persone saccenti e supponenti che avevano voluto dare lezioni di vita a lei e ad Adriano, i quali non avevano mai avuto la pretesa di darle a nessuno cercando solo di vivere senza sbagliare troppo, gente che aveva visto fallire negli affetti quando non anche economicamente...
Nelle ore della notte in cui non arrivava il sonno lei, che prima che il suo cuore avesse avuto bisogno di essere riparato, dormiva anche otto ore di fila, pensava ai suoi rimorsi: erano episodi in cui aveva fatto mancare a qualcuno la sua promessa presenza oppure il suo aiuto.
A 17 anni, in un brefotrofio, in visita con l'Associazione Cattolica di cui faceva allora parte... Girotondo con una bambina con un caschetto di capelli neri... Non aveva più la mamma, il padre doveva lavorare e l'aveva messa lì per non lasciarla da sola...
"Torni a giocare con me? Torni a trovarmi?"
Erano un gruppo di giovani eppure lei l'aveva chiesto solo ad Elena, ed Elena le aveva risposto di sì...
Era sicura di quella promessa.. Di mantenerla... Ma così non era stato. La sua Associazione non aveva organizzato un'altra visita e lei da sola, a 17 anni, non tentò neppure di avere il permesso per tornare a trovarla.. Pensò tante volte nel corso della sua vita alla delusione di Anna, così si chiamava quella bambina, a quante volte all'ora delle visite avrà guardato verso la porta sperando di vederla entrare.
"Oggi quanti anni avrà, se è ancora viva... Era una bimba di circa 6-7 anni... 10 anni meno di me.. Oggi ne avrebbe 66... Avrà dimenticato... Oppure quella delusione, quell'inganno, quella promessa mancata sarà stata l'inizio della perdita di fiducia negli altri?"


Pensava ad un altro episodio che le era tornato alla mente di sovente con lo stesso sentimento di rimorso.
Stava andando in auto alla clinica dove era ricoverato suo marito per l'operazione della cataratta. Sapeva che dovevano operarlo alle nove del mattino ed era uscita di casa per tempo. Voleva trovarsi lì prima che entrasse in sala operatoria per sostenerlo: suo marito era molto fifone.. Finì in un traffico infernale giacché quella clinica era in un quartiere periferico con un dedalo di strade trafficatissime. Chiusa in un fiume di auto in una strada stretta si trovò a costeggiare un marciapiede dove era una vecchietta con gli occhiali, penosamente agitata, appoggiata ad un bastone camminava a piccoli faticosi passetti fermando le poche persone che passavano che, ascoltatala frettolosamente, scuotevano la testa e scusandosi procedevano per la loro strada. Dato che Elena era proprio ferma per forza, bloccata nel traffico, abbassò il finestrino e le chiese di cosa avesse bisogno e quella smarrita le spiegò che le si era rotto il tubo dell'acqua sotto il lavandino e la sua casa si stava allagando, abitava lì, ed indicò un portoncino della palazzina prospicente il marciapiede, ma non c'era nessuno che potesse aiutarla. Poteva lei?




"Come faccio signora? Non posso scendere lasciando l'auto qui... Chiami un idraulico... Anche  se io salissi in casa non saprei come rimediare.."
La partecipazione all'angoscia della vecchietta fu totale, la voglia di aiutarla pure, ma l'impossibilità bloccava ogni buona volontà. Schiuse lo sportello e brevemente scese sul marciapiede, sperando che nessuna auto dietro di lei si bloccasse protestando. Cercò una possibile soluzione: "Possibile che nella palazzina non c'è nessuno che possa aiutarla? Lei ha il telefono?"
"Sì, ma non so chi chiamare! Può venire lei a fare il numero?"
"Chiami il 113 e loro le manderanno qualcuno!"  Elena era costernata di lasciare lì quella povera vecchietta inerme nella sua angoscia e incapacità a muoversi. Gettò lo sguardo intorno e vide solo gente indifferente a loro due, come fossero trasparenti. Pensò che era in ritardo e che suo marito doveva essere operato... Non esistevano ancora i cellulari e lì non c'era neppure un Bar o un negozio qualsiasi a cui chiedere un telefono. Dovette salutarla ripetendole di chiamare il 113 spiegando la sua situazione, le avrebbero mandato senz'altro qualcuno. La vecchietta, vedendo che lei risaliva in auto, disse smarrita, con affanno: "Come faccio adesso io, come faccio... Mi ammazzo..."
Dispiaciuta, costernata per non aver potuto fermarsi e fare di più Elena si avviò verso la clinica dove, quando arrivò, trovò il fratello di suo marito che le disse che era stato già operato ma era ancora dentro la sala operatoria.
Questi erano i suoi rimorsi, insieme a piccoli errori verso i suoi bambini nel difficile compito di genitore..
Aveva fatto del tutto per non averne di grossi mettendo sempre prima i suoi doveri verso tutti. Era stata generosa con le amicizie, sinceramente felice se avevano cose buone... Non aveva sempre ricevuto altrettanto. L'invidia era un sentimento miserabile, meschino, che non conosceva, ma che era stata costretta a riconoscere in alcune persone, anche amiche, a possibile spiegazione di azioni e parole altrimenti inspiegabili.
Pensava a tutto questo con lucida serenità perché ora sapeva che questa sua vita era conclusa e solo l'artificio magico delle mani di un Chirurgo le avevano concesso quel prolungamento a costo di tanto dolore.
Quando entravano gli Infermieri per la medicazione si scopriva il torace con rassegnata paura di sentire ancora dolore: in particolare le ferite lasciate dall'uscita dei drenaggi erano insopportabili, ma doveva sopportare lo stesso...
Gli antidolorifici, che sicuramente erano in mezzo alle pillole che le facevano ingurgitare in grande quantità, non erano sufficienti a togliere del tutto il dolore. A volte, vedendola soffrire mentre la medicavano, le chiedevano: "Vuole un' iniezione di antidolorifero?"  Ma lei rispondeva sempre di no. Cercava di resistere con quello che le davano.
Era nel suo carattere: resistere quanto più poteva e chiedere meno possibile.
Così si era più indipendenti e più forti.
Le ferite dell'uscita dei drenaggi le facevano male anche durante gli esercizi in palestra. Lo disse alle pazienti Terapiste, che la dispensarono da alcuni movimenti suggerendone altri.
Intanto la voce scomparsa, che aveva creato lo sconcerto di suo figlio che l'addebitava all'imperizia chirurgica di qualche aiutante del grande professore piuttosto che dell'Anestesista a cui gli Specializzandi avevano addebitato l'infortunio, non tornava. Il Cardiologo croato che soprassedeva al Reparto di Riabilitazione Cardiochirurgica si preoccupò di farle fare una visita Otorinolaringoiatrica dopo aver letto, nella Relazione delle dimissioni, che anche nell'Ospedale dove era avvenuto l'Intervento Chirurgico era stata fatta tale visita specialistica, con il referto di paralisi della corda vocale sinistra.