mercoledì 22 febbraio 2023

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

  Capitolo IV

Adriano ed Elena abitavano in una villetta a due piani. Lui decise che lei non doveva fare più le scale e la confinò al piano di sopra costringendosi a sobbarcarsi di tutti i lavori domestici cucina compresa. Lei capì che l'annuncio ricevuto quel 31 ottobre era qualcosa che prima o poi, in una forma o nell'altra, sarebbe dovuto accadere. 

Si riteneva sempre fortunata, perché qualche giorno dopo quell'evento aveva potuto compiere 76 anni. Un'età ragguardevole.. Quanta gente che aveva avuto una parte anche minima nella sua vita aveva visto sparire... Nei modi più diversi... Non era vero che di fronte alla Morte siamo tutti uguali... Perché non si muore tutti alla stessa età e non tutti allo stesso modo. Ci sono modi crudeli e tempo di vita per alcuni così breve da non poter capire quasi nulla di cosa si è... E cosa rimane di ciò che una persona è stata? Nulla. I suoi sentimenti, i suoi pensieri, si dissolvono... Alcuni lasciano mirabili scritti, che fanno compagnia a chi vive, dando spunti di verità, altri musiche meravigliose, altri ancora dipinti e statue... Ma la rete neuronale di ciò che sono stati non c'è più.

Questo è ancora più concreto per la maggior parte di noi. Tutte le cose vissute, le gioie, le sofferenze... Dissolte. Alcuni saranno ricordati per qualche generazione se avranno una discendenza.. Poi non più, il loro ricordo si dissolverà come un sogno.

Elena si preparò ad affrontare l'operazione che le avrebbe consentito di continuare a vivere, vedendo la disperazione di suo marito e l'angoscia dei suoi figli.

Il grande Cardiochirurgo che l'avrebbe operata le disse che nel 95% dei casi quel tipo di intervento andava bene, poi c'era una percentuale che... e sorridendo bonariamente indicò con il dito in su l'imponderabile.

Il giorno prima dell'intervento programmato la ricoverarono al reparto Urologia, perché non c'erano posti letto. La sua compagna di stanza era anche lei ospitata in quel reparto dovendo essere operata per un tumore allo stomaco e dunque era una paziente del reparto di Chirurgia Gastroenterologica. Era rumena e più giovane dei suoi figli. Era sola, nessuno accanto a lei. Nel breve tempo, un giorno e mezzo, che stettero insieme Elena apprese che era stata sposata e che era divorziata perché lei era venuta in Italia a lavorare come badante e colf e mandava i soldi in Romania dove lui ne spendeva frequentando altre donne.

"Avete avuto figli?" 

 No."  

"Per fortuna."  Commentò Elena con triste sollievo.

Quando venne suo marito in visita lei gli parlò di quella che considerava una ragazza, dato che  le aveva detto di avere 51 anni, con partecipazione al suo problema:"Un tumore allo stomaco, povera piccola."  Ma Adriano era diverso da sua moglie e le sussurrò: "Abbiamo il nostro problema da risolvere, pensiamo a noi."  Ma Elena, nonostante le tante delusioni ricevute dal suo prossimo nella sua lunga vita, era fortemente empatica e provava partecipazione emotiva per l'altrui sofferenza. Il suo problema era grave, affrontare l'intervento che l'aspettava una prova pesante, ma questo non la rendeva impermeabile al dolore degli altri. Per Adriano era diverso; l'angoscia per sua moglie lo permeava totalmente.

A sera venne una bella donna elegante nella sua divisa di Operatrice Sanitaria. Il volto coperto dalla mascherina non consentiva di vederne i lineamenti, ma ad Elena sembrò bella perché era curata, con un taglio dei capelli, biondi per le méches, ben fatto. Con garbo le disse che aveva l'incarico di prepararla per la Sala Operatoria: dunque clistere e depilazione totale. Nel compiere questa operazione con grande delicatezza e professionalità le parlò di sé: sua madre era stata una portantina e lei aveva detto a sé stessa che mai avrebbe fatto quel lavoro, poi aveva fatto il corso per OS ed ora il suo lavoro le piaceva. Le disse che era sposata senza figli, ma non le pesava il non averne: "Siete voi pazienti i miei figli." Disse.

Elena sentì gratitudine e rispetto per quella donna. La mattina dopo era il giorno del suo intervento e anche di quello della sua compagna di stanza. L'Operatrice Sanitaria passò per dare loro un'occhiata. La "ragazza" rumena aveva mal di testa. Aveva chiesto invano un analgesico dalla sera prima. Elena era andata dalle infermiere ad insistere perché le dessero qualcosa giacché la donna le chiedeva aiuto. Ma quelle, dovendo la paziente osservare il digiuno per l'operazione del giorno dopo, non cedettero.

Al mattino, mentre suo marito ed i suoi figli stavano entrando nel reparto per una breve visita, vennero a prendere la sua compagna di stanza per condurla in Sala Operatoria: Elena era nel corridoio con i suoi e, vedendo passare la barella si avvicinò alla rumena e le strinse la mano facendole coraggio, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e la gola le si chiudeva. 

Suo marito non capiva. Lei con la strozza in gola provò a dirgli: "E' sola. Ha tutti i parenti in Romania. Qui ha solo un compagno che le telefona sul cellulare ma non può venire perché lavora, fa il muratore, è un suo connazionale, ma non ha l'automobile e abita lontanissimo da qui, impossibile venire con i mezzi pubblici..."

Il suo intervento era in schedula per le due del pomeriggio. Li avvertirono che dopo non sarebbe tornata in quel reparto, che era solo per appoggio prima dell'operazione, ma dopo sarebbe andata in Terapia Intensiva, poi in Subintensiva e da lì nel Reparto Specialistico di Cardiochirurgia. Invitarono dunque suo marito a portare via tutti i suoi effetti personali tranne il necessario che sarebbe stato trasferito al nuovo reparto. Suo marito andò via baciandola angosciato. La paura sottaciuta era che non sapeva se ne sarebbe uscita viva.

Verso mezzogiorno riportarono in stanza la donna rumena. Smaniava e si lamentava ancora stordita dall'anestesia. Via via che il dolore si faceva più evidente nonostante i calmanti ella si agitava sempre più, muovendo smaniosamente le gambe, scoprendosi... Elena soffriva per lei. Cominciò ad invocarla: "Signora, signora, ho male, signora..."  Elena le accarezzò i piedi nudi che lei muoveva nella smania del dolore, poi la fronte, cercando con quei gesti di darle conforto. Le chiese l'acqua, ma Elena sapeva che non poteva bere perché in quelle circostanze induce il vomito. La vedeva come una figlia, avendo solo pochi anni meno del suo figlio minore.

Quando si fece l'ora che toccava a lei Maria, così si chiamava la sua compagna di stanza, stava meglio. Probabilmente anche grazie agli antidolorifici. Era venuto anche il Chirurgo che l'aveva operata e le aveva spiegato che il tumore era grosso, per questo non lo avevano tolto tutto e il resto l'avrebbero distrutto con adeguate terapie.

Maria la salutò facendole tanti auguri.