Capitolo XIII
Il Professore Otorinolaringoiatra che effettuava le consulenze per l'efficiente Ospedale convenzionato con il Servizio Sanitario Regionale per la Riabilitazione fu chiarissimo: disse che questi errori chirurgici, non frequenti, non erano attribuibili agli Anestesisti. Elena, suo marito e suo figlio, qualora non le fosse ritornata la voce, meditavano di fare causa all'Ospedale dove tale intervento era stato eseguito.
Il simpaticissimo Cardiologo croato, molto efficiente, disse: "Vediamo di fare a questa signora anche una Terapia Riabilitativa per farle tornare la voce."
Fu così che Elena conobbe Silvia, la sua Logopedista.
Ogni giorno ad una certa ora Silvia la veniva a cercare in palestra oppure in stanza. Ella aveva un suo studio al piano di sotto e lì Elena imparò a fare gli esercizi fonici per risvegliare la sua voce sparita.
Non fu facile, ma Silvia era di una bravura eccezionale e a poco a poco, quasi come un miracolo, la sua corda vocale paralizzata ricominciò a vibrare...
Elena credeva che Silvia fosse una ragazza sui trenta anni e si stupì di apprendere che di anni ne aveva cinquantuno.
Era graziosa senza essere bella e, da foto fatte in vacanza che le mostrò, vide che aveva un bel corpicino.
Durante le sedute si conobbero meglio sul piano umano e, dato che Silvia aveva delle pene d'amore che le espresse con dolce e sincera afflizione, si instaurò fra le due donne una tale confidenza che la più anziana, e bisognosa della professionalità della più giovane, le parlò con il cuore aperto di alcuni aspetti della sua vita cercando di darle anche dei consigli. Uno dei suoi figli aveva avuto pene d'amore, poi risolte, e lei cercò di usare quell'esperienza di dolore riflesso come madre parlando a Silvia da madre.
Quello che la donna stava vivendo in quella esperienza di dolore che aveva affrontato non tanto per allungare la sua vita, giacché riteneva di aver vissuto un tempo umanamente giusto, quanto per i suoi familiari spaventati e addolorati, la riempiva di stupore per i rapporti umani che andava vivendo.
La vita era stata una continua scoperta di miserie umane, di gente che ti odia anche se nemmeno ti conosce, che ti invidia ferocemente per quello che hai di bello ignorando però le tue pene, quelle non inglobate nel più miserabile dei sentimenti umani, bensì caso mai motivo di maligna soddisfazione, e alla fine la grande disponibilità che per carattere ella aveva verso gli altri si era ridotta e muri di diffidenza e di disgusto.
Ma ora con le persone così professionali che aveva incontrato da quando era entrata nel primo Ospedale, ma ancor di più in questo Specializzato per la Riabilitazione, l'esperienza umana che andava facendo era quasi affettiva, tanto si stava rivelando confortante.
Perché quella stessa umanità non si trovava fuori di lì?
Forse bisognava soffrire un dolore estremo perché persone intorno a te ti riconoscessero come fratello umano? O forse quelle persone, addestrate ad aiutare in vari modi professionali esseri deboli ed indifesi, sviluppavano un'umanità in altri sopita?
Elena non lo sapeva, ma riscoprire la vicinanza di un'umanità profonda, naturale, era una esperienza per lei molto piacevole.
Intanto le avevano cambiato stanza: non più camera singola ma con un'altra paziente.
Anche qui il muro di diffidenza e di ripulsa verso il suo prossimo cadde subito, giacché la persona che le era sembrata non fine e forse rozza si rivelò invece una donna intelligente, aperta e piena di voglia di tornare a vivere, contrariamente a quanto il suo aspetto aveva suscitato in Elena.
Anche costei aprì il suo animo, parlò di sé e, senza arie e compiacimenti, del suo lavoro di artigianato artistico molto particolare e raro, poi della sua famiglia ricca di affetti: era anche nonna e con molto amore mostrò le foto dei suoi cari ad Elena che le fece i suoi ammirati complimenti per i nipotini, così belli e fini da sembrare attori del cinema.
La sua compagna fu dimessa e dimostrò una grande forza d'animo e molto equilibrio nel non lamentarsi anche se, per tornare nella sua casa, doveva affrontare un lungo viaggio in autostrada, cosa poco piacevole con un torace aperto e ricucito e con uno sterno che aveva bisogno almeno di altri due mesi per completare la riossificazione. Ma lei con molta tranquillità disse che si sarebbe protetta con un cuscino e ovviamente sarebbe stata nel sedile posteriore mentre suo marito guidava. Anche questa donna, come molti ricoverati in quel Reparto, era più giovane di Elena: 66 anni.
Al suo posto arrivò una delle persone che erano state con Elena nell'ospedale dove aveva subito l'intervento chirurgico: la professoressa con cui aveva diviso anche la stanza. Furono felici entrambe di ritrovarsi.