La Sig.ra Anteri e altre mille vite
Capitolo VI
Se un'amicizia durata 60 anni le aveva riservato la sorpresa di finire per volontà di Fabrizia, come poteva ancora Giulia Anteri stupirsi che persone conosciute ormai in tarda età, e da lei reputate amiche, in pochi anni si fossero rivelate diverse da come lei le aveva credute?
Eppure Giulia non era una stupida, ma la sua natura lineare e leale, nonostante l'esperienza di vita, continuava a proiettare sugli altri, inevitabilmente, una uguale linearità che però negli altri non sempre esisteva.
Aveva conosciuto Gigliola perché confinante con un suo podere di campagna. Aveva una decina di anni meno di lei e, nonostante avesse passato da tempo la sessantina, aveva un fisico snello di ragazza, capelli lasciati senza tinture al bianco ormai naturale e il viso, solcato da rughe che Giulia non aveva, cotto dal sole della vita contadina che aveva condotto tutta la vita.
Suo marito gliel'aveva indicata con ammirazione per come guidava con maschia disinvoltura il trattore. Un giorno con quel trattore li aveva aiutati a tirare fuori la loro auto impantanata nel fango formatosi per la pioggia. Da lì era nata un'amicizia. O almeno quella che Giulia credeva tale...
A lei piacevano la schiettezza di Gigliola, la sua intelligente conversazione, i suoi modi che la facevano sembrare una signora-bene più che una donna che lavorava la terra. Inoltre le bastava cambiare gli abiti da lavoro e mettersi un tubino blù per apparire proprio anche meglio di una signora borghese.
Se Gigliola le regalava prodotti delle sue coltivazioni Giulia contraccambiava con piccoli doni nelle ricorrenze delle festività.
La prima stranezza la registrò proprio in una di queste ricorrenze. Era andata a casa sua con qualche dolce della tradizione natalizia acquistato insieme ad un barattolo di ceramica con chiusura ermetica, adatto alla conservazione di cose da tenere in cucina. Questo perché avesse qualcosa che rimanesse e non finisse come altri doni per essere mangiato o bevuto.
Vi trovò una delle sue figlie, che non viveva nella casa colonica ma spesso, come un po' tutta la sua numerosa prole, era lì dalla madre e dal padre.
"Mamma l'ho spinta ad andare a farsi una passeggiata al lago, - disse con un viso contrito a Giulia - per distrarsi un po'.."
Non accadeva mai che Gigliola andasse a fare passeggiate, spesso lamentava la fatica e un poco di stanchezza per il lavoro, per qualche difficoltà economica, ma il tono e l'espressione di Rosa volevano esprimere qualcosa di nuovo e di più che sua madre aveva dovuto sopportare. Mentre parlavano sulla porta di casa, sempre aperta, Giulia intravide la figura di una donna incinta che sfaccendava in cucina. Capì chi era e, insieme alla sorpresa di vederla in quella inusitata attività domestica in quello che era il regno di Gigliola, le si affacciò il ricordo di recenti confidenze che la sua amica le aveva fatto.
Sedute davanti ad un caffè che, invitata da Gigliola, Giulia prendeva volentieri, la donna le aveva espresso le sue doglianze sul suo figlio più piccolo in ordine di nascita. Era questi un omone di circa 40 anni a cui il lavoro di agricoltore stava stretto, tentando per questo varie avventure di imprenditore. Anche la sua vita sentimentale subiva la stessa irrequietezza, Gigliola e suo marito Carmine le avevano infatti confidato che pur non essendosi mai sposato Felice aveva una figlia adolescente che viveva con sua madre, "una povera ragazza di paese", come l'aveva definita Gigliola, ma che spesso era lì dai nonni paterni con i quali aveva buoni rapporti.
"Ora ha messo incinta quest'altra!" Confidò contrariata la donna. "Pensano di andare a vivere insieme."
Sapendo che il figlio abitava ancora con loro Giulia chiese: "Dove?"
Allora Gigliola fu categorica dicendo con fermezza: "Ah! Non lo so! Si sistemeranno una vecchia casa del padre di lei in paese e andranno lì". E fece spallucce sottolineando così che la cosa proprio non la riguardava.
Ora, vedendo quella nanerottola gonfia di una gravidanza arrivata a termine darsi da fare nella cucina di Gigliola, Giulia capì il suo malessere e l'aria imbarazzata e al tempo stesso un poco afflitta di Rosa nel comunicarle che la madre, stanca, era uscita per distrarsi in una inusuale passeggiata.
Lasciò i doni con gli auguri e salutò Rosa che la ringraziò dicendo: "Poi mamma ti chiamerà."
Ma Gigliola non la chiamò e Giulia non seppe mai se quel bel barattolo di ceramica artistica con chiusura ermetica le fosse piaciuto...
"E' chiaro che non sapendo dove andare suo figlio, nell'imminenza del parto, le ha schiaffato la "fidanzata" in casa, contrariamente a quello che Gigliola sperava." Pensava Giulia Anteri. Ma pensava anche: "Per quanto sia contrariata nulla esime che mi chiami per dare segno che non è Babbo Natale che le ha portato quei regali!"
Questo le fece tornare in mente un altro di quegli episodi che contrastavano con l'immagine che Gigliola aveva voluto dare di sé a Giulia: sempre con la porta aperta le diceva che non doveva bussare, ma entrare e basta, cosa non naturale per Giulia così cittadina, ma che conosceva quegli usi di vivere con la chiave sulla porta per chiunque, tipico dei contadini del paese in cui erano nati i suoi genitori. Non importava poi l'ora a cui presentarsi nella casa in mezzo al suo podere, tanto, diceva, non avevano precisi orari per mangiare...
Invece un giorno che Giulia pensò di andare a prendere il caffè, a cui così spesso Gigliola la invitava, alle h. 14:30 li trovò tutti seduti a tavola ed ancora in pieno pasto. Fu tangibile l'imbarazzo di Giulia che si scusò, ma altrettanto imbarazzo sentì nei commensali, figli e marito della donna schietta che Gigliola sembrava.. Nonostante l'evidente mancanza della solita accoglienza informale fu invitata a rimanere "Tanto avevano finito" e Gigliola iniziò a preparare il caffè. Quando Giulia vide che la sua amica aveva preparato una sola tazzina le chiese: "E tu?" E lei un po' bruscamente disse: "Io l'ho già preso". Questo fece sentire Giulia ancora di più un'intrusa capitata a sproposito. Inutile fu accettare che "non avevano orari dei pasti", cosa anche possibile dato il lavoro mutevole dell'agricoltura, in Giulia era rimasta una sensazione di non spontaneità, a cui seguirono i continui dinieghi di Gigliola ai suoi "Vieni tu qualche volta a prendere il caffè da me" in risposta ai suoi inviti.
Gigliola era venuta in casa di Giulia solo poche volte.
Un giorno che dovette portare dei soldi a Felice per un lavoretto che aveva fatto per la sua casa vi trovò la donna incinta che le disse: "Io sono la fidanzata di Felice." Senza imbarazzo per la sua situazione non certo di "fidanzata". Nonostante i tempi sempre più confusi dei rapporti umani e sentimentali Giulia Anteri manteneva chiarezza di idee e di ruoli, e considerò la cosa con una certa ironia dentro di sé.
Un giorno, all'immissione da una strada laterale sulla strada principale dove Giulia stava facendo una breve passeggiata, sbucò l'autocarro guidato da Carmine con una certa baldanza e quasi sfiorando Giulia, che ebbe un moto di spavento per la sorpresa, mentre incrociava lo sguardo e il sorriso malignamente divertito di Gigliola che sedeva accanto al marito.
Un'altra strana reazione della sua amica ad un suo sobbalzare provocato dal suo autocarro: nessun cenno di saluto, men che meno scusarsi.
Di codeste stonature nei 60 anni di amicizia con Fabrizia ce ne erano state tante, ma un'amicizia nata nella prima gioventù mette radici più profonde perché tante sono poi le cose che si vivono insieme.
Di questa donna, che Giulia aveva voluto pensare amica per la sua apparente veridicità, notava sempre più piccole contraddizioni.
Una cosa che Gigliola aveva voluto ripeterle più volte, nelle loro lunghe conversazioni davanti al caffé a casa sua, era che lei "non invidiava nessuno", nonostante si lamentasse della sua situazione economica non proprio rosea. E Giulia non aveva avuto nessuna difficoltà a crederle, giacché nella sua vita aveva attraversato periodi di difficoltà economica e non aveva mai provato il sentimento misero ed inutile dell'invidia verso chi non aveva i suoi stessi problemi. Continuava a sentire dentro di sé che quella donna, a cui mancavano i suoi stessi studi e la sua stessa cultura, era simile a lei per sincerità di sentimenti. E questo per lei era l'unico valore umano importante.