La Sig.ra Anteri e altre mille vite
Capitolo VII
Oltre a ripetere più volte che lei non invidiava nessuno, Gigliola, soprattutto all'inizio della loro conoscenza, aveva detto frequentemente che se una persona è amica non deve parlare male dietro le spalle né credere alle cattive dicerie che vengono dette sul suo conto. Data la frequenza con cui aveva ripetuto questi concetti Giulia si era fatta l'idea che nel borgo, dove la sua amica viveva da sempre, giravano cattiverie e maldicenze come avviene quasi ovunque. Giulia le aveva detto sinceramente che lei non credeva alle dicerie e delle persone si faceva la sua idea, libera da ogni altrui influenza.
Aveva vissuto sulla sua pelle in modo traumatico nella sua gioventù l'effetto delle calunnie nate dall'invidia e dall'ostilità e come la gente vuole credervi al di là dell'evidenza, non solo per ignoranza o stupidità, ma anche perché credervi ad alcuni fa piacere, un modo per cancellare una persona dal panorama umano, o almeno ridurla a qualcosa di cui ridere e sentirsene superiori. E non importa se non è vero, se fatti reali smentiscono la calunnia, agli animi miserabili serve a sentirsi un poco meno del niente che sono.
In effetti Giulia aveva avuto già notizie negative proprio su Felice dalle persone che le avevano venduto il podere con il casale che poi lei aveva fatto restaurare.
Chi gliene aveva parlato male era persona stimabile, ma ugualmente Giulia non aveva in alcun modo alterato l'idea che poi si era fatta di Felice frequentandolo.
Per lei valeva solo la propria personale esperienza.
Ma certo aveva notato che Felice, come anche una delle figlie di Gigliola, Iolanda, se dovevano fare qualche lavoretto pagato nel podere di Giulia spesso non si presentavano agli appuntamenti né avvertivano, nel lavoro erano sciatti e tutt'altro che accurati... Insomma non dimostravano serietà negli impegni che prendevano né rispetto per chi li attendeva invano. L'atteggiamento era sempre amichevole e di grande leggerezza ma Giulia, pur comprendendo l'amore di madre di Gigliola verso Felice, non capiva il suo trovargli sempre giustificazioni, ed il suo vantare le sue capacità che spesso si dimostravano inesistenti.
Nelle sue innumerevoli imprese egli faceva mille mestieri, ma in uno in particolare riusciva bene: nel fare dolci. Lavorava anche in una pasticceria e Giulia andò a comperare dei dolci vantandone l'abilità anche davanti al gestore. Ordinò poi i dolci per un rinfresco in quella pasticceria facendo capire al gestore che era cliente per merito di Felice. Infine indicò ad amici e conoscenti quel negozio procurando altri clienti.
Parlandone con Gigliola, incontrata per strada, le fece i complimenti per Felice e per quella attività, pensando che forse era quella giusta per lui, qualora abbandonasse il disperdersi in mille piccoli mestieri... Invece di ringraziarla per l'apprezzamento per suo figlio, molto dovuto al sentimento di amicizia che Giulia provava nei suoi riguardi, Gigliola la sorprese rispondendole con una punta di vanità: "Ah! Ma lui piace a tutti! Tutti vanno da lui!"
Questo grande successo di Felice a Giulia non risultava e lei aveva voluto valorizzarlo vantandone le qualità anche nell'intento di aiutarlo.
Questo orgoglio di madre mal si attagliava con la preoccupazione iniziale delle dicerie che avrebbero potuto arrivare a Giulia e quel suo mettere le mani avanti.
Quello che le aveva detto chi le aveva venduto il podere era che suo figlio, della stessa età di Felice, aveva fatto con lui una società mettendoci i suoi soldi, poi era dovuto partire per un periodo e al suo ritorno aveva trovato che Felice aveva venduto la piccola impresa tenendosi anche la sua parte e le somme da lui investite erano andate perse. Insomma l'aveva descritto come un truffatore.
Giulia non avendo certezze sull'affare e pensando che ognumo parla secondo i propri interessi non aveva formulato dentro di sé alcun giudizio.
Finché un giorno Gigliola la informò insolitamente felice, dato che spesso si lamentava di truffe, raggiri e cattiverie che subivano dal prossimo e che causava loro mancati introiti e spese, che Felice aveva preso in gestione la pasticceria dove lavorava. La convivente, da cui aspettava il secondo figlio, sarebbe stata alla cassa. Giulia Anteri fece gli auguri sinceramente lieta della notizia.
Stranamente però non trovò l'occasione di servirsi presso tale pasticceria per tutto il tempo della gestione di Felice. Non ci fu intenzione malevola in lei, quanto proprio un'assenza di occasioni, giacché in quel periodo Giulia e la sua famiglia dovettero recarsi spesso nella loro casa di città.
Quando tornarono nel loro casale di campagna ed incontrò Gigliola questa non fece parola dell'ennesima impresa del figlio, né se era andata male né se era andata bene. Giulia pensò che, data la vanteria sulle qualità di Felice, e la gioia che aveva dimostrato per questa gestione, qualcosa avrebbe dovuto dirlo: se era andata bene ed avrebbe continuato oppure se...
Dato il silenzio Giulia non chiese nulla sull'argomento, giacché aveva sentito già troppe crepe nell'iniziale idea che si era fatta di quella donna.
Vide, intanto, che Felice aveva ripreso la sua attività iniziale di agricoltore e Gigliola la informò che avevano preso in affitto un podere di molti ettari in una località non lontana dal borgo dove aveva la fattoria con sette ettari di proprietà indivisa dai fratelli del marito, facenti parte di una vasta proprietà di 21 ettari totali ricevuti in eredità dal suocero. Disse anche che avevano fatto ottimi contratti di vendita della loro produzione che comprendevano anche la gestione di braccianti e dunque che lei non avrebbe più dovuto andare a lavorare di braccia in campagna.
Giulia ne fu lieta.
Intanto qualche piccola crepa ella aveva colto anche in Carmine.
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