La Sig.ra Anteri e altre mille vite
Capitolo VIII
Tornando nel casale dopo alcuni giorni trascorsi in città Giulia e la sua famiglia trovarono un grosso serpente dentro uno dei locali e, terrorizzati, lo uccisero. Alcuni di loro sostenevano che fosse una vipera, altri erano in dubbio per le dimensioni.
Giulia suggerì di far vedere la foto che avevano fatto all'animale morto a Gigliola e a Carmine perché, essendo del posto e in più lavoratori della terra, sicuramente avevano l'esperienza necessaria per saper riconoscere la natura del serpente.
Andarono dunque alla fattoria e dapprima parlarono con Gigliola la quale però guardò la foto ma non seppe dire se fosse una vipera o meno e chiamò in aiuto Carmine. Questi comparve con un attrezzo in mano uscendo da un capannone dove tenevano ammucchiati in grande disordine attrezzi agricoli e non. Giulia, dotata di naturale empatia e sensibilità verso il prossimo, notò che Carmine aveva un'aria seccata, malcelata da una cortesia di circostanza, e pensò che fosse perché l'avevano interrotto dalle sue incombenze lavorative, ma mentre suo marito gli parlava mostrandogli la foto del serpente per averne un parere quello, guardandolo con una strana malizia nell'espressione e parlando come fra sé e sé proferì: "Chissà questo quante ne avrà fatte..." Suo marito guardava la foto e parlava dunque non notò nulla, ma Giulia invece guardava in faccia Carmine e rimase colpita da quella frase fuori luogo domandandosi che senso avesse.
Appreso che nemmeno Carmine sapeva dire se l'animale fosse o meno una vipera salutarono ed andarono via.
Giulia non disse niente a suo marito, conoscendo la sua naturale impermeabilità a qualsiasi cosa riguardasse il prossimo e il suo conseguente respingere ogni espressione di ognuno che non fosse esplicita ed inequivocabile.
Invece lei si chiese cosa avesse voluto dire quell'uomo apparentemente bonaccione nella sua agreste semplicità.
Era chiaro che quella frase sibillina voleva mettere in dubbio l'integrità di suo marito, ma su quale argomento? Suo marito era un intellettuale distaccato che aveva lavorato tutta la vita per la Scienza, con rigorosa onestà etica e morale. Cosa mai poteva passare per la testa di quel contadino che aveva ereditato tanta terra dal padre e non aveva saputo far altro che lavorarla senza trarne sicurezza e benessere, da ciò che lamentava sua moglie? Giulia pensò che quell'uomo vedeva il loro benessere e, non sapendo da dove venisse, la sua mente rozza e maliziosa supponeva in suo marito furbe disonestà, individuando in lui il capo famiglia, secondo una concezione patriarcale ed arcaica della stessa.
In realtà molto di quello che la famiglia di Giulia aveva costruito era iniziato dall'eredità del padre di Giulia, usata con parsimonia e fatta crescere con intelligenza e con l'apporto del lavoro di Giulia e del marito di lei, senza mai abbandonarsi a sprechi o voglie.
E alla riflessiva Giulia Anteri tornò in mente un altro aspetto di Gigliola che l'aveva sorpresa, perché quell'aspetto, che a lei proprio non apparteneva, non se lo aspettava in una donna di cui, evidentemente, si era fatta un'idea tutt'affatto diversa.
Erano sedute al tavolo della cucina della fattoria di Gigliola davanti all'usuale caffè e quella donna asciutta nei modi e nelle fattezze, dai modi essenziali fino a sfiorare la ruvidezza, la sorprese parlandole di vestiti e oggetti costosi e, con un lampo di cupidigia negli occhi, disse: "Poi quando vedi una cosa bella vuoi comperarla no?"
Giulia non poteva condividere quella voglia così apertamente confessata e convinta che fosse anche sua, da come Gigliola l'aveva detto, perché per tutta la sua vita aveva sempre misurato e comperato solo quello che poteva permettersi. Vedeva le cose belle, dato che il suo senso estetico le apprezzava, ma allo stesso tempo ne misurava il costo e il suo desiderio di possederle era tenuto sotto rigido controllo dalla coscienza delle sue possibilità economiche, sempre preservate per le cose essenziali.
Dunque sotto la scorza apparentemente frugale, quella che lei riteneva un'amica semplice e dal carattere forte, celava desideri e la conseguente frustrazione di non poterli realizzare.
Dovette dunque accettare quella che altrimenti avrebbe valutato una maldicenza quanto le disse una donna che effettuava servizi domestici in casa sua come in altre: "E' avida di soldi. La incontro sempre al bar dove compera quei "gratta e vinci" e ossessivamente li gratta sperando di aver vinto... Mi da fastidio guardarla per la frenesia che mette in quell'atto."
Giulia disse alla donna quello che pensava di quella che riteneva una vera dipendenza: "Se mettessero in un salvadanaio i soldi che spendono per quei pezzetti di carta a fine anno avrebbero la loro vincita."
Ma quel fatto riportatole dalla collaboratrice domestica non fece che aggiungere un tassello al mosaico deludente, per lei, di ciò che credeva fosse Gigliola.
Questa, peraltro, dopo l'episodio in cui Giulia aveva avvertito un imbarazzo ed una freddezza rispetto all'abituale semplicità di modi nell'accoglierla senza preavviso in casa con grande familiarità, non la chiamava più dal cancello della fattoria se la vedeva passare, facendo le viste di non avvertirne la presenza.. Giulia allora smise di chiamarla per prima.
Una sera dal casolare avvertirono un gran trambusto sulla strada: a Giulia e famiglia sembrò uno dei camion che caricavano ogni tanto i prodotti della terra della fattoria di Carmine, ma avvertirono un'agitazione esagerata.
L'indomani videro un'auto dei Carabinieri ferma fuori dal cancello con dei militi fermi come di sentinella e un'altra della Guardia di Finanza all'interno del perimetro intorno alla casa.
Nessuno della famiglia di Gigliola si fece sulla strada come d'abitudine e né Giulia né nessuno della sua famiglia seppe darsi una spiegazione di tale presenza.
Seppero dai giornali che Felice era stato arrestato e che veniva definito "trafficante" di stupefacenti con altri.
Fu davvero un colpo per la Sig.ra Anteri e per i suoi familiari. Questa più che una piccola crepa era una voragine!
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