giovedì 18 luglio 2024

STORIE DI V.V.

 (continua) Odio quando poteva essere amore...

L'odio è sempre e comunque patrimonio di anime meschine e lo è tanto di più se le motivazioni sono non dovute a motivi gravi, se l'oggetto dell'odio non ha procurato danni gravi all'odiatore per suscitare un simile reazione.

Nel caso che ho descritto nel post precedente io non ho mai fatto nulla a quella donna, al contrario ho subito tutta la vita il suo malanimo senza mai reagire. Questo per non provocare liti e fratture che avrebbero coinvolto altre persone a me care.

Nel caso della seconda persona che mi suscita una triste pietà debbo dire che è sta colpita duramente dalla sorte in quanto di più doloroso possa accadere ad una madre: uno dei suoi figli è morto e lei vive ancora. Questa persona l'ho frequentata di meno rispetto a quella precedentemente descritta e la quantità di cattiverie che posso aver da lei ricevuto sono di gran lunga minori.. Ma l'ho sentita sempre ostile, sia pure mascherando tale malanimo dietro un sorriso. Eppure ho due ricordi da bambina positivi su di lei e sul congiunto di mio padre a lei legato, che per la verità era ancora più ostile di lei. Ovvio che lei lo fosse di conseguenza.

Ho ricordi della mia prima infanzia vividissimi, una virtù che ora sta purtroppo attenuandosi.. Ricordo lei e il congiunto di mio padre, giovani innamorati, che mi avevano condotto con loro in una vigna di proprietà della famiglia di papà e del suo innamorato: dimentichi di me, presi dal loro amoreggiare, mi lasciarono mangiare tutta l'uva che volevo, i cui grappoli mi apparivano enormi data la mia piccolezza.Un ricordo bellissimo per immagini ed atmosfera. Più grandicella mi condussero a vedere un film: "Arrivano i nostri". Erano già sposati e forse aspettavano la prima figlia e in quel momento di felicità condussero con loro la piccola nipotina, assaporando forse un anticipo delle delizie genitoriali che li attendevano. Non so cosa sia avvenuto fra loro e mio padre perché poi io ricordassi solo ostilità e sarcasmo da lei e critiche meschine da lui. Lui criticava tutto di mio padre. Lei lo derideva dicendo che "era un mezze maniche". Così venivano definiti con un termine sminuente gli impiegati amministrativi dello Stato.
A dire il vero alla fin fine lei era meno acida del marito nei nostri riguardi, pur essendo non parente consanguineo come il marito. Di certo lei non ha aiutato per l'avvicinamento, bensì per il contrario.
Quando perse un fratello giovane in un incidente stradale seppi della disgrazia che l'aveva colpita da mia madre. Era già passato un mese da quella morte e mia madre stessa l'aveva saputo in ritardo dati i rapporti laschi. Un giorno che era venuta a trovarmi nella mia casa di sposa, piuttosto lontana da quella dei miei genitori, mi dette con cristiana mestizia e dispiacere la ferale notizia.
Era una notizia terribile e pensai alla nobiltà d'animo di mia madre per come me ne parlava... Con sincero cristiano dolore. Eppure quelle persone, ancor di più il parente di mio padre che aveva sposato la donna di cui narro, disprezzavano mia madre perché ella soffriva di una fragilità psichica che si ritorceva verso sé stessa e noi familiari che l'amavamo, mai verso alcun altro. Ma la miseria morale del consanguineo di mio padre era tale che, lungi da rispettare le debolezze e fragilità altrui, era uso incrudelire con critiche e disprezzo là dove sentiva che c'era debolezza di malattia o altra fragilità.
Sull'onda emotiva di una dolorosa pietà le scrissi una lunga lettera.. Poi pensai che a distanza di un mese dal tragico evento le avrei risvegliato la ferita del dolore.. Mi feci scrupolo che quel gesto forse non lo avrebbe accettato dati i rapporti distanti fra noi. Quella donna una delle rare volte che l'avevo vista era stato nell'occasione del mio matrimonio a cui né lei né suo marito erano venuti, quantunque invitati da me personalmente che mi ero recata in casa loro, lontanissima dalla nostra, a portare la partecipazione e la bomboniera.
Lei era sola e fu cortese ma dura e distante come sempre. Disse che non potevano spendere per vestiti adeguati alla cerimonia e che non sarebbero venuti. Nell'accompagnarmi alla porta questo fu il suo augurio: "E se tuo marito ti darà uno schiaffo non andare subito a piangere da tua madre." Ero molto giovane e ricordo che nel tornare a casa prendendo ben tre autobus ero molto triste.
Poi morì mio padre. E di nuovo la morte fu occasione di contatto. Mi stupì il suo commento su mio padre: "Non è stato un uomo, è stato un superuomo." Era sincera. Mi chiesi perché invece in vita lo aveva sempre criticato, anche calunniato e dileggiato.. Ci sono persone, come queste due donne, ma non sono le sole, che agiscono per il male della vita, quando basterebbe poco per avere il contrario..
I suoi figli non hanno mai corrisposto ai miei tentativi di instaurare un minimo rapporto affettivo, arrivando a stupirmi per l'anomalia del loro comportamento incontrandoli sul portone del palazzo dove le due donne di questa narrazione, per ironia della sorte, entrambe abitano: hanno ignorato me e la mia intera famiglia che ne usciva dopo aver fatto rara visita all'altra donna sola ed ostile.
La vita è passata, trascorsa e non provo nulla per queste persone se non pena, una pena quieta e nulla di più, pensando a quanto di buono avrebbero potuto avere da me mentre, senza ragione alcuna, hanno scelto finzione nei laschi rapporti interpersonali e distanza. Fra loro, pur coscienti del legame parentale che ciascuna ha con me, si ignorano.

domenica 14 luglio 2024

STORIE DI V.V.

Odio quando poteva essere amore...

Non so cosa sia "antipatia a pelle", né cosa sia l'invidia...

Sono sentimenti che mi hanno sempre suscitato meraviglia e tristezza quando li ho sentiti in dichiarazioni delle persone e visto e avvertito nei loro sentimenti: sia che fossero rivolti ad altre persone sia verso la mia persona.

Certo verso la mia persona è stato, oltre che meraviglia e tristezza, anche sconcerto. Non provando la stessa cosa mi rimaneva difficile relazionarmi con persone che provavano nei miei riguardi sentimenti negativi che, facendomi un accurato esame di coscienza, scoprivo non aver potuto suscitare io in alcun modo.

Poi si accumula esperienza e si capisce che il tuo agire nulla c'entra, ma il problema è tutto dentro la persona che prova antipatia nei tuoi riguardi o, peggio, ostilità. Cercare, come facevo io in gioventù, di ignorare sgarbi e cattiverie cercando comunque un'intesa è sbagliato. Pensare ingenuamente che l'ostile abbia male interpretato un tuo gesto, una tua parola e cercare un buon rapporto, è sbagliato. Non dipende da voi: il problema di chi ha di questi odi, ostilità, antipatie "a pelle", come dicono loro in una forma che a me fa rabbrividire, non capendola e non avendola mai provata per fortuna, è dentro di loro ed è sempre  di natura psicologica. Si tratta di persone che non sono sicure di sé stesse e proiettano su altri le loro insicurezze.
Sono rapporti irrisolvibili. Se non potete fare a meno di frequentare queste persone per legami vari, di lavoro, di parentela, di affetti comuni, cercate di starci insieme meno possibile.




Oggi mi capita di guardare a due persone con un sentimento di pietà: due donne, che mi hanno dimostrato ostilità e avversione tutta la vita. Una pietà triste, per come, in un caso per colpa propria e in un altro per la sorte ria, queste due donne si ritrovano oggi.. Cosa potrei fare oggi per loro se non mi avessero allontanato per sempre con il loro malanimo? In un caso avrebbe avuto affettuosa accoglienza di modi e di fatti, sarebbe stata meno sola avendo affetti sinceri e non quelli che ha costruito su interessata ipocrisia di persone palesemente egoiste, nell'altro avrebbe avuto affetto e vicinanza sia per sé sia per l'unica figlia che le è rimasta.
Inutile fare di queste riflessioni, hanno voluto che la loro vita andasse così, hanno scelto persone sbagliate su cui fondare rapporti frammisti ad interesse visibile da parte di codeste persone, per cecità o per stortura psicologica, difendendosi strenuamente dalla mia figura che di interesse personale nei nostri rapporti non poteva averne alcuno.

Guardando una di loro mi meraviglio del sentimento triste che mi suscita. Ha il viso di una donna ormai anziana, certo, ma non tutti i volti invecchiano allo stesso modo... Con mestizia noto come un bel volto sia invecchiato male.. La pelle raggrinzita e come pucherellata.. E sento che non è forse solo per un fatto biologico, perché ci sono volti vecchi sereni, distesi nonostante le pieghe della pelle che perde la capacità elastica e l'acqua.. Ma lei, anche se ora non proferisce più frasi malevole per provocarmi un dispiacere, è come se ormai sia consapevole dei suoi errori e anche di non poter fare nulla per cambiarne le inevitabili conseguenze, e vive la sua solitudine, priva di affetti sinceri, portandone dentro tutta l'amarezza che traspare dall'espressione del suo volto, quando non si abbandona a risa forzate in una allegria che mai tocca la profondità della sua anima.
Forse era già tutto chiaro dall'inizio quando, ancora normale nel suo atteggiamento nei mie riguardi, mi accompagnò con la sua auto alla fermata del bus e, dopo lo scambio di cose che due donne giovani si erano dette durante il tragitto, ad un mio spontaneo suggerimento su cosa dire al suo fidanzato, mi disse: "Ma il mio rapporto con C. non è come quello tuo con G., è una cosa diversa." Era seria e per me fu una rivelazione. Una prima rivelazione a cui ne seguirono altre, ma nonostante la mia scarsa esperienza di vita avvertii la sua infelicità.
Forse da lì, da quella constatazione di come doveva essere l'amore fra due persone, che lei vedeva dalla sua posizione diversa, che iniziò l'invidia. Non ero consapevole di come io e G. apparivamo da fuori, lo amavo, mi amava, ma tutto mi sembrava normale.. Forse la sua insoddisfazione, che era già esistente, avendo vicino quel paragone esplose del tutto e lei lasciò C.. Avrebbe potuto parlarci, invece aveva subito per poi mandare tutto in frantumi.
C. non aveva colpa dei suoi complessi di inferiorità, né che lei non fosse sincera con lui e gli avesse nascosto la sua inesistente licenza di scuola media inferiore. Lui era prossimo alla laurea e si rendeva conto delle sue carenze culturali, ma credeva che almeno quel pezzo di carta l'avesse, pur sembrandogli carenza grave. C. non capiva come mai la sua fidanzata non avesse fatto le Scuole Superiori, cosa che all'epoca facevano tutti, e solo le classi culturalmente ed economicamente infime non mandavano i figli in una qualsivoglia Scuola per conseguire un Diploma. Lei non aveva finito neppure la Scuola Primaria di Primo Grado.. Se era infelice in quel rapporto per atteggiamenti ed azioni di C. è anche vero che lei non aveva mai cercato con lui una vera unione di anime tacendogli chi era veramente.
Il nucleo di una personalità frustrata e compressa in sé stessa c'era tutto. Avrebbe dovuto avercela con chi l'aveva lasciata in quell'inspiegabile abbandono culturale, suo padre e sua madre, invece l'aveva con gli altri.. C. fu lasciato e doveva volerle bene nonostante tutto perché cercò di resistere a quella chiusura, ma lei fu irremovibile. Trascinata dai suoi complessi di inferiorità cercava un riscatto in chi le desse l'illusione di essere quella che avrebbe voluto essere. Iniziò una relazione clandestina con un uomo sposato padre di due figli di cui uno portatore di handicap. Non c'era il divorzio. Non si sa che avvenire vedesse davanti a sé, oltre serate e nottate in albergo e cene al ristorante truccata e vestita elegantemente secondo il suo discutibile gusto. Quell'uomo, che poteva essere per età suo padre, le faceva credere di essere colta ed intelligente forse, anche se non lo era. Io e G. provammo a farla ragionare, per il suo bene, ma ci trattò con aria di superiorità dicendo che non potevamo capire. Altre persone, che nella loro vita intima avevano aspettato di essere sposati in Chiesa per consumare un rapporto intimo, si mostravano stranamente comprensivi con la sua relazione adulterina, cercando esempi similari di loro amici o conoscenti in cui una donna molto giovane aveva fatto figli e famiglia con un uomo più anziano e già con una vita alle spalle. Lei privilegiava queste persone in tutto, che per contro usufruivano di pranzi e cene preparati da lei, di piatti già pronti da portarsi a casa, di viaggi con la sua auto e la benzina pagata da lei, di aiuti di ogni tipo addirittura ostentati verso me e G. che venivamo criticati e derisi con costoro, i quali si divertivano molto ad ogni maldicenza che la fuori di testa dicesse su di noi. Alcune cose le inventava o sperava che così fossero: ad esempio, pur essendo l'amore fra me e G. un rapporto che lei stessa aveva preso come giusta unione di due persone che risaltava ai suoi occhi rispetto alla sua con C., ora faceva insinuazioni sulla fedeltà di G. senza alcun motivo, ma solo per denigrare. A questo seguivano le denigrazioni sulla mia persona e su quella di G. fondate sul niente. Per metterle in risalto usava un metodo meschino quanto privo di realtà: paragonava continuamente noi due alla coppia privilegiata in modo grottesco giacché tale paragone svelava casomai il contrario: tutte le carenze di quelle persone a cui lei inventava pregi inesistenti.
Ora io non ho mai fatto paragoni con nessuno, giacché non comprendo che vantaggio questo possa darmi nel valutare ciò che sono veramente nel bene come nel male... E' un modo di affrontare la realtà meschino che non mi appartiene, ma apparteneva e forse appartiene ancora a questa poveretta di cui ho subito lo squallore della sua concezione dei rapporti umani.
Purtroppo, mio malgrado, però, sentendo tali paragoni, inevitabilmente lei mi faceva vedere proprio il contrario di quello che avrebbe voluto dimostrare nella sua follia: che chi mi portava come paragone migliore di me in qualcosa era in realtà peggiore. Non l'avrei mai rilevato, non avendo una tale forma mentale, ma all'istante in cui le virtù inesistenti di queste persone, che lei privilegiava, mi venivano sbattute in faccia non potevo non accorgermi che era vero il contrario...
Non vi era parola, atteggiamento o argomento che non fossero spunto per paragoni meschini fino all'assurdo.
Avevo un aspetto generalmente ritenuto gradevole da tutti, venivo definita molto carina da giovane e ne trovavo il riscontro nelle reazioni che suscitavo nell'altro sesso. Mai ho sentito un complimento o un'osservazione positiva dalla donna di cui sto narrando. Al contrario una sera che si stava prendendo una pizza tutti insieme la sentii dire alla persona da lei scelta come contraltare per darmi addosso: "Stasera sei la più bella del mondo." La persona poteva, messa al meglio, dirsi graziosa, ma i suoi tratti somatici irregolari potevano farne al massimo quel che si dice "un tipo". Tralasciando un naso gibboso, gli occhi sporgenti e i polpacci in rilievo. Per contro al mio viso dai lineamenti regolari si accompagnavano gambe perfette.
Cantavo anche abbastanza bene, grazie alla meravigliosa Prof.ssa Avallone che mi insegnò musica e canto, e capitò più volte che, insieme alla mia amica più cara, intrattenessimo gli amici in alcune serate imitando la coppia Gabriella Ferri De Santis che allora ebbe un certo successo cantando canzoni popolari.
Ma la donna che oggi guardavo senza rancore ma con vera pietà, sentendomi cantare e scherzosamente lodare da suo fratello, che disse che potevo benissimo sostituire l'autoradio quando si viaggiava, rimase gelidamente in silenzio mentre si mise a lodare "il contraltare" dicendo che cantava benissimo, eppure la tizia in questione non sapeva fare note basse e quindi il suo canto era praticamente un falsetto. 
La deformazione della realtà in favore del suo odio arrivava, come già accennato, a mettere in dubbio anche l'amore tra me e mio marito, dopo che per lei era stato la cartina di tornasole che le era servita per prendere atto che quello che lei stava vivendo con C. non era un amore ideale.
Ogni argomento serviva a questa sua necessità di dimostrare questo fatto inesistente.
Se mio marito era all'estero per lavoro non poteva che essersi fatta l'amica in quel posto.
Se in un campeggio dove eravamo in vacanza la Direzione ci comunicava che aveva telefonato una persona cercando della nostra famiglia (non esistevano i cellulari all'epoca) e da breve indagine era palese che si fosse trattato di un errore di comprensione del cognome, il suo incredibile commento era stato: "Era l'amica che lo cercava." Accompagnato da un sorriso maligno e soddisfatto. Inutile il mio candido stupore e il riferire che chi aveva preso la telefonata, richiesto di particolari per capire chi poteva essere per richiamarlo, aveva detto che si trattava di una voce di donna anziana. La donna malevola aveva messo il carico di un secondo commento assurdo: "Si vede che ha l'amica anziana."
L'ovvio pensiero di persone anziane rimaste a casa mentre i figli sono in vacanza, che li chiamano al numero del campeggio, dove centinaia di famiglie vanno e vengono, non poteva affacciarsi in quella mente distorta. Come detto era un continuo prendere spunto da ogni cosa per rovesciare fuori un po’ del veleno che la avvelenava. Di certo quella telefonata era per qualcuno che forse ad un secondo tentativo del chiamante fu individuato, in mezzo ai tanti cognomi che dovevano ricordare i gestori e il personale del campeggio. 

Ma, come ho scritto in altre mie riflessioni, esiste quella strana legge non scritta né scientificamente dimostrata che si chiama “contrappasso”, così capitò che la donna si trovò a telefonare ai suoi prediletti che erano in campeggio. Le passarono un’altra famiglia avendo frainteso il cognome. Al suo disappunto e ai suoi commenti, fossi stata della sua stessa pasta, avrei dovuto dirle: “Ora penseranno che eri l’amica dell’uomo di quella famiglia, peraltro tu sei giovane e non hai una voce da persona anziana.” Ma proprio non ci riesco a scendere a quei livelli di meschina stupidità.

Oltre all’aspetto fisico, alle qualità che una persona può avere, c’era il filone intelligenza e cultura. Qui la denigrazione e i paragoni in favore del “contraltare” erano per lei più ardui. Per prima cosa perché lei era totalmente priva di ogni cultura, a 21 anni si iscrisse ad una scuola serale e finalmente conseguì la licenza di Scuola Media Inferiore, dunque non poteva avventurarsi in un campo a lei sconosciuto denigrando me e pompando la persona da lei scelta come confronto, non avendo la forza psicologica di proporsi lei come paragone a mio sfavore.. Perché il problema in fondo sul piano psicopatologico era questo… Si attaccò quindi ai titoli di studio: solo che io avevo conseguito la Maturità ed ero iscritta all’Università dando alcuni esami, mentre “il modello” aveva conseguito il Diploma magistrale che all’epoca era quadriennale e non quinquennale come la Maturità, dunque l’accesso all’Università le era precluso a meno da fare il cosiddetto anno integrativo. Poteva iscriversi solo alla Facoltà di Magistero dove poteva accedere ai Corsi di Laurea in Pedagogia e Lettere… Ma preferì sedersi sulla comoda sedia che le procurarono i suoi genitori tramite la solita raccomandazione all’italiana. Dapprima la raccomandarono attraverso una conoscenza per un posto in uno Studio Privato poi, attraverso una impiegata di un Ministero che era segretaria verbalizzante in una commissione di concorso, chiesero il posto pubblico. Le Commissioni dei Concorsi Pubblici, tranne rari casi, dovendo ciascun Commissario piazzare i propri raccomandati a discapito di chi fa bene la prova concorsuale, non possono fare le loro schifezze sotto gli occhi del segretario verbalizzante (di solito personale amministrativo dell’Istituzione Pubblica in questione)senza concedere qualcosa anche a lui… Quindi tale impiegata amministrativa bastò a fare avere il posto “a vita” a cotanta intelligenza. Che, debbo dire, era si meschina anche lei, ma non avvelenata come la donna di cui oggi provo pena. Ormai abituata al confronto, cosa che ancor oggi trovo inutile e misero, non ho potuto fare a meno però di pensare a come io mi trovai un lavoro in uno Studio Privato di Avvocati appena diplomata: risposi ad un annuncio come allora ce ne erano tanti su “IL MESSAGGERO”, feci il colloquio con 50 giovani che si erano presentate come me. Rimanemmo in 2 e fummo assunte tutte e due. Poi avendo una famiglia che stavo crescendo e non avendo nessuno che potesse tenere i miei bambini, come invece “il modello” che poteva disporre della madre e, in mancanza di questa, della sua “enfatizzante” che si prestava, quando libera delle ore del lavoro, a farle da serva, mi sono industriata a fare traduzioni per una Casa Editrice lavorando da casa, poi ho aperto da sola una Partita IVA e ho fatto per alcuni anni l’Intermediatrice di commercio per due Società, infine ho cominciato a fare Concorsi Pubblici, senza raccomandazioni. Il muro della corruzione era così spesso che ho iniziato a lavorare pagata con parcella professionale in una struttura universitaria creando una Biblioteca e infine da dentro quella struttura sono riuscita a vedere da vicino le schifezze che si facevano nei Concorsi a cui anch’io avevo partecipato e in uno sono stata ripescata dopo che mi avevano spedito al 20esimo posto, pur avendo io superata la prova e aver avuto notizia che ci eravamo riusciti solo in 6. Ma lungi dall’essere fra i primi 6 ero al 20esimo posto per far posto a ogni sorta di raccomandati: un esempio, al 5° posto c’era il figlio dell’usciere che aveva il tavolo nel corridoio davanti alla porta dell’Ufficio Concorsi e faceva l’inchino al Responsabile di tale ufficio da anni. Il poveruomo disse a me e ad un’altra persona presente che “il suo ragazzo non ce l’aveva fatta a superare la prova”. Era un giovane appena diplomato senza alcun titolo, ed il Concorso era per titoli ed esami… Non mi stupii ricordandomi quello che in un raro momento di confidenza mi aveva confessato il mio “contraltare”: “Il tema è difficile da superare ma mi è stato detto di metterci un segno, come se fosse un errore della penna, ma è un segno particolare che rende riconoscibile a chi appartiene l’elaborato..” Funziona così dunque, dato che poi la sceneggiatura di questi concorsi truccati è che bisogna rispettare l’anonimato del concorrente e la busta con il nome si apre dopo che l’elaborato è stato valutato. Garanzie di legalità bellamente gabbate. Nel caso del figlio dell’usciere credo che abbiano proprio sostituito l’elaborato trattandosi di un listato in linguaggio BASIC e alcune schede bibliografiche. Ecco, io mi sono guadagnato il mio lavoro, non mi hanno messa lì “mamma e papà” come il “contraltare” eletto dalla donna penosa di cui narro.



E passiamo all’altra. Un’altra avvelenata. Anche quando sorrideva si sentiva la sua durezza ostile.In questo caso l’odio lo avevo ricevuto in eredità da mio padre che ne era stato il primo oggetto.