Ho letto qualcosa di Cesare Pavese molti anni fa: "Il mestiere di vivere" e alcuni racconti come "La luna e i falò".
Viene ritenuto da molti un grande scrittore e uomo di cultura.
Non mi ha particolarmente appassionato si vede perché per lungo tempo di lui non ho comperato più nulla.
Ora ho quasi finito di leggere "Tra donne sole" e non credo che comprerò più niente di Cesare Pavese. Il mio disinteresse è confermato.
Ricordo che anche come traduttore mi aveva lasciato delle perplessità in un libro che mi era stato prestato: "Uomini e topi" di Steinbeck da lui tradotto. Non ho il libro che era nella prima edizione tradotta da Pavese nel 1938 (il testo era appartenuto al padre della persona che me lo prestò), ma ricordo che c'erano dei punti che mi fecero dubitare dell'italiano di Pavese.
Ora torno a sorprendermi leggendo "i iettatori" a pag. 59 di "Tra donne sole".
Non posso ritenerlo una "licenza poetica", giacché non avrebbe senso nel contesto.
Ma anche "Imprestami" all'undicesima riga se non stride come "i iettatori" nemmeno suona lingua... Per questa seconda nota stonata si può pensare che nel 1938 forse ancora si usava "imprestare" e che l'evoluzione linguistica oggi lo fa avvertire dialettale... Ma "i iettatori" proprio non si comprende!
Non c'è nome celebrato che si possa assolvere da simili svarioni!
Un esempio di cui scrissi in un mio post tempo fa riguarda la "misteriosa" scrittrice Elena Ferrante. Nel romanzo "La figlia oscura" in due frasi conseguenti cambia tre tempi dei verbi.
Ecco il mio commento:L'unico appunto che posso fare a questo bellissimo racconto è il passaggio,che la Ferrante fa in diversi punti, dall'imperfetto al presente: bruscamente, senza ragione narrativa o stilistica, mi pare.
Un esempio: "Avvampavo, mi ficcai sotto la doccia. Acqua fredda. Me la lascio scorrere addosso a lungo, fissando la sabbia che scivola giù nera dalle gambe, dai piedi, sullo smalto bianco della pedana. Il caldo passa quasi subito. ecc." Ecco non c'è motivazione a questi passaggi di tempo...